Dimenticavo, il mercato. Per le vie sporche e strette del mercato vendono frutta che odora di dolce e che sembra importata da Giove. La donna che vende le arance ti guarda e ti scruta come se si trovasse davanti, un giorno, per caso, un’arancia quadrata di colore blu. Devo ricordare bene questa cosa: che qui lo straniero sono io. Anche se bastano solo due reali e un uomo con la carriola ti segue per tutto il tempo e in silenzio, come un carrello radiocomandato. Quando ti fermi si guarda intorno. Aspetta che ti decidi con la spesa. Si annoia? Chissà cosa pensa. Chissà a cosa pensi quando diventi un carrello.
Sai benissimo, invece, cosa pensi quando sei dentro a delle macchine grosse, che sembrano degli spaventosi ibridi. Qui ci sono solo macchine grosse. Che tutte assieme somigliano alla cucciolata metallica di un dragone e di un carro da guerra medioevale che hanno deciso di fare l’amore. Con le gomme arroventate vanno a passo pesante su un asfalto pieno di buche profonde. Ma anche loro, ogni tanto, si devono fermare a guardare: quando il semaforo diventa rosso. Qui ai semafori ci sono i mangiafuoco. Uomini magri che divorano fiamme vivide e che poi si addentrano tra gli scarichi caldi della cucciolata metallica. Che li scruta dietro enormi occhi neri. E dietro quegli enormi occhi neri ci siamo noi. Che nella pancia dei mostri scappiamo velocemente tra condomini alti, circondati da recinti elettrici. Per la paura di chissà che cosa. Ma quando sei a piedi, invece, non puoi avere paura. Anche se tutto sembra in bilico, pronto a cadere, a rompere l’equilibrio, anche l’oceano bellissimo e la sabbia bianca e i sederi perfetti. E i cocchi portati sulla riva dalle onde. Qui, ai lati delle strade, crescono gli alberi della foresta. Le spoglie di una natura vivida e grandissima che, prima di concedersi la sconfitta, deve aver richiesto il suo tributo di corpi. E ne ha tutta l’aria. Ma si capisce, ovviamente, che questa sconfitta è solo una questione di tempo. Una questione di tempo, come poi lo è tutto. E alcuni dicono che qui c’è solo il mare. Alessandro Oliviero