Però oggi emerge la figura di una donna che dopo aver lavorato per anni a stretto contatto con la globalizzazione, la rifiuta e per reazione diventa una figura emergente della contestazione.
Dopo anni a stretto contatto con la globalizzazione e le organizzazioni internazionali, ha assunto posizioni di forte critica di questo sistema e sviluppa la sua accusa all'economia delle multinazionali nel saggio intitolato "La conquista silenziosa: perché le multinazionali minacciano la democrazia".
http://noreena.com/
In occasione dell’assemblea di bilancio organizzata da Coop Nordest Reggio l’economista inglese Noreena Hertz spiega una nuova visione di capitalismo, definita Coop Capitalism, che si ispira all'esperienza delle cooperative. Tratto da http://www.24emilia.com:
L'uscita dalla crisi è possibile solo adottando un modello economico basato sulla collaborazione e sulla solidarietà. Se nel passato il modello dominante era il capitalismo alla Ronald Reagan e Margareth Thatcher, secondo cui i mercati si autoregolano e i governi devono essere fedeli al dogma del laisser faire, il presente offre la possibilità di rielaborare quei concetti economici.“L’individuo è un atomo. Non esistono responsabilità collettive perché non esiste la società”. Con queste parole la Thatcher rappresentava una forma economica in cui gli individui sono solo massimizzatori di utilità razionali. “Gli azionisti erano il re, o meglio, erano quelli che avevano proprietà sufficientemente significative da poter essere influenti. La società, i lavoratori, i clienti, tutti coloro che subivano le decisioni del mondo degli affari erano decisamente relegati in secondo piano” specifica la Hertz nel suo saggio, parlando di una fede incrollabile nei confronti del mercato, ritenuto non solo un efficace meccanismo distributivo, ma anche garanzia di equità, giustizia e libertà. In realtà, tutti i Paesi che hanno adottato questa ideologia di mercato non hanno fatto altro che allontanare e contrapporre sempre più economia e giustizia sociale. Non è un caso che la Hertz abbia deciso di riferirsi a questo modello economico con l’appellativo di Gucci Capitalism. Nel nome da lei scelto ne sono condensate metaforicamente le caratteristiche principali: “Non avere l’ultimo paio di scarpe da ginnastica della Nike o l’ultima borsa di Gucci era diventato molto più vergognoso che avere debiti”. L’ethos dominante del Gucci Capitalism si esprimeva con parole come successo, denaro, apparenza. “I banchieri britannici portavano a casa stipendi 100 volte più alti di quelli di un lavoratore normale, e i manager degli Hedge Fund americani potevano arrivare a guadagnare un miliardo di dollari all’anno. Ma in entrambi i paesi la mobilità sociale in 30 anni non è migliorata”.
L'economista inglese vede la crisi come momento ideale per voltare pagina: Innovazione, progresso, immaginazione per un sistema che tende a regole eque, alla giustizia sociale e alla sostenibilità e riconnette l’economia con ciò che è giusto e ciò che ha senso.
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