“Norwegian Wood”− Murakami Haruki

Creato il 05 novembre 2013 da Temperamente

Sfloglio questo libro da una manciata di minuti, senza trovare un solo segno di matita che mi indichi una frase da riportare, una citazione da ricordare: ho letto Norwegian Wood con così tanta foga, da non essere riuscita a distogliere l’attenzione per un attimo, nemmeno per quei secondi indispensabili per prendere la matita dalla scrivania. Ho bevuto questo romanzo giapponese di notte, come fosse del sakè, senza rendermi conto che era lui a prosciugare me, stimolando sempre più la mia sete; perché Norwegian Wood possiede la trasparenza dell’acqua ghiacciata e, al contempo, l’asprezza di una lama affilata. Non ho sottolineato alcuna frase durante la mia lettura forse perché le immagini create dallo scrittore non sono mai immobili, indirizzate a risvegliare tutti i sensi del lettore: ora suggerendogli il profumo di un fiore, adesso richiamandolo con un motivo musicale indelebile nei ricordi del protagonista.

La scrittura di Murakami, affrontata per la prima volta, è un’esperienza particolare: si avverte il passaggio drastico allo stile orientale, sconosciuto, mai provato prima, in cui il non detto regna e si accumula, risultando quasi più esplicito, e in cui i dialoghi sono la forza della descrizione delle emozioni.

Watanebe Tōru è la voce narrante di una storia che lo riguarda molto da vicino: tutto quello che accade lambisce profondamente il suo microcosmo, scalfendolo con colpi sempre più pungenti. Le donne della sua vita saranno dissimili, ugualmente problematiche, ma opposte nell’affrontare i dolori che pungolano il loro passato così come il loro presente. In Norwegian Wood si parla di ragazzi che sono già adulti ma che vorrebbero tanto non essere cresciuti accompagnati dal dolore.

Si parla di vita, e di morte, protagonista della vita stessa.

Si potrebbero raccontare molte cose di questo romanzo scritto ad arte da Murakami Haruki, come il perché si intitoli Norwegian Wood, riprendendo una canzone dei Beatles; si potrebbe parlare ancora di Watanabe (primo protagonista di Murakami in possesso di un nome), del suo amore per i romanzi americani, primo fra tutti Il Grande Gatsby di Fitszagerald; del suo migliore amico, Kizuki, o del motivo che lo spinge ad andare a trovare una ragazza ricoverata in una casa di recupero psichiatrico; si potrebbe parlare della metropolitana di  Tokyo e delle sue infinite diramazioni, fermate, vite. Ma sarebbe meglio non farlo, poiché il romanzo con il quale Murakami ha iniziato ad avvicinarsi di più all’elemento umano merita di essere scoperto dai suoi lettori e non svelato da una redattrice, la quale può soltanto consigliarvi di leggerlo in piena notte, quando regna il silenzio, così che le pagine possano raccontarvi il loro segreto, bisbigliando.

Glenda Gurrado

Murakami Haruki, Norwegian Wood, Einaudi, 376 pp., euro 12


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