Pensare che sono letture ormai remote, più o meno dalle parti degli anni della scuola. Eppure è bastato ritrovare il suo nome sui giornali, per ritrovare qualcosa che non si è dileguato una volta per tutte.
Cronache marziane, soprattutto. Libro letto da ragazzino, libro che mi ha conquistato, senza che nè prima né dopo mi abbia conquistato la fantascienza - non ho mai atteso le uscite di Urania o inseguito le varie epopee dello spazio.
E' che ha ragione Goffredo Fofi, quando qualche settimana fa ha parlato di Bradbury sul Sole 24 Ore:
Le Cronache parlavano di Marte per parlare di Terra anzi di Usa, trasferendo in un altrove lontanissimo e futuribile il mondo chiuso e mediocre del Midwest degli anni Cinquanta.
E di più, parlava di noi, Ray Bradbury, parlava di noi parlando di Marte, esploratore di mondi presenti fatti passare per futuri.
Buona premessa, del resto, anche per cominciare a parlare davvero di futuro. Grazie a un uomo, pensate, che non ha mai preso la patente e non sopportava nemmeno i cellulari, figurarsi Internet.