Saranno le repliche di Romanzo Criminale, sarà la mezza età, saranno gli spunti raccolti da altri coetanei su Facebook, sarà la mattina di nebbia, ma improvvisamente sono raggiunto da un’ondata di nostalgia di San Paolo. San Paolo Ostiense, il quartiere della mia adolescenza, di più, il quartiere delle mie radici. E la nostalgia, capricciosa, m’investe a intermittenze (senza scomodare Proust, che non l’ho letto), accozzagliandomi addosso una ridda di toponimi, episodi e personaggi, senza una storia definita, alla rinfusa. Non saprei da che parte cominciare, quindi mi affido alle sinapsi, senza revisione cronologica né logica. I palazzoni di Serafini, di fronte alla Regia Marina, er Ponticello (da valco San Paolo a Via Laurentina), Ambrio il fornaio, Peppe er vinaro (de Velletri), Arfonso er barbiere, Luisella (il femminiello), Faticoni (l’imbianchino che raccontava le barzellette che facevano ridere solo lui), Concetta e la signora Giorgia (le portiere del palazzo di mia nonna), l’ITIS Armellini e gli indiani metropolitani, il festival rock su Largo Beato Placido Riccardi all’alba degli anni ’70, l’encomiabile imperdibile inossidabile pizza dei Gemelli, il mercato coperto di via Efeso, via Filippi e gli amici del liceo, Largo Enea Bortolotti – Bortolotti tout court – il fulcro della comitiva delle feste pomicianti, il cortile del condominio di Via Filippo Eredia meteorologo, le interminabili partite a pallone sull’asfalto di Via Nistri – “la strada morta”, per noi e per le nostre mamme – davanti a quello che sarebbe stato il mio ginnasio qualche anno più tardi, lo stadio degli Eucalipti, largo Veratti e i mauvais garçons dai soprannomi più o meno eloquenti – Sciaro, Profumo, Er Milanese, Squarciagatti, Er Faina -, via di Valco San Paolo e la scuola media Edmondo de Amicis (non c’è più), l’Alfa Romeo (non c’è più), l’INA Case di via Corinto e dintorni, il malfamato eppure così famigliare Bar dei Desideri (dal cognome dei proprietari) dove all’uscita del liceo ci fermavamo a comprare un Dalek per 100 lire, via Pinchèrle (come la si chiamava, anche dopo che qualcuno aveva scoperto che l’accento era sulla ì) e le palazzine della FATA, delle Poste e delle Poste nove (nuove, allora), le baracche di Vicolo Savini, la vasca navale, l’OMI, il Cineetivvù, l’XI liceo scientifico– er Keplèro o più semplicemente l’Undicesimo, il Nautico – la scuola dei fasci, il Socrate (succursale) il mio liceo, ponte Marconi che attraversavo nei pomeriggi assolati strizzando gli occhi come Clint Eastwood, il Cinodromo, il centro San Tarcisio e quei giardinetti piccoli e nascosti dove spesso mi rintanavo quando facevo sega a scuola, l’oratorio di San Paolo, il cinemino dei preti dove ho visto 7 volte “Per un pugno di dollari”e poi “Tutti insieme appassionatamente” e decine di Franco e Ciccio, il cinema Madison a via Chiabrera (dove c’era uno dei bar frequentati dalla banda della Magliana) dove ho visto “Il Padrino” e “Jesus Christ Superstar”, il “pidocchietto” Tirreno (terza visione) a via Pellegrino Matteucci dove ho visto “Serafino” e “Er Più”, inspiegabili irruzioni del milanopugliese Celentano nel vernacolare romanesco e burino, la metro, meravigliosa porta per l'emancipazione dal quartiere verso le mete più eccitanti : il centro di Roma da una parte, l’Eur e il mare dall’altra, il 23, l’autobus dal percorso monstre – via Pincherle/Piazzale Clodio – all’epoca quasi un diametro della Roma conosciuta, il 97 che prendevo già da solo a 9 anni (sic) per andare a farmi regolare l’apparecchio ortodontico all’Isola Tiberina, oppure per andare a vedere gli allenamenti da’a ROMA al Tre Fontane, il 55 che mia prozia e mia madre chiamavano ancora la ELLE e che divenne poi il 170 e che allora arrivava da San Paolo a piazzale delle Muse su ai Parioli, il chiosco di cocomeri a Valco San Paolo, che esponeva un cartello con una poesia/slogan che ancora ricordo a memoria dopo parecchi decenni:
“Favorite er cocommero
ch’è ‘n frutto prelibbato,
rosso, granito, ar zucchero
un vero cioccolato
la fetta supertonica
fresca che te conzola
solo pe’ daje ‘n mozzico
ce vo’ la bavarola”.
Forse qualcosa affiorerà più tardi, ma su questo piccolo mondo antico in cui i cocomeri erano solo tondi e verde scuro, chiudo il capitolo. Con un sorriso grato, senza malinconia.