Note sulla complessità del femminile

Creato il 30 giugno 2013 da Matteo Tosato @MatteoTosato87

Erich Neumann (Berlino, 23 gennaio 1905 – Tel Aviv, 5 novembre 1960),  descrive il carattere femminile come un archetipo presente nella psiche umana di ambo i sessi.

Se alla comune percezione le strutture archetipali appaiono come dei surrogati secondari alla psiche cosciente, all’Io. Neumann puntualizza che è vero l’inverso. L’io è secondario e subordinato.
L’archetipo è da intendere come una figura o un’immagine interiore assolutamente inconscia condivisa con l’umanità. E’ ragionevole supporre che sia di natura genetica il che spiegherebbe la sua natura ereditaria.
L’esperienza diretta introspettiva non è in grado di cogliere queste strutture che rimangono celate nell’inconscio, gli archetipi della psiche sono riconosciuti attraverso le produzioni artistiche, l’attività onirica e sono identificabili nei miti e nelle religioni di tutte le popolazioni, essi risultano perciò un fenomeno “cross culturale” condiviso. Per osservarli occorre riferirsi alla loro struttura simbolica e dinamica che affiora dall’inconscio, possono cambiare nel corso della vita, ma rimangono costituiti per la maggior parte da contenuti emotivi.
Si manifestano in genere spontaneamente, questo vale per gli artisti ad esempio, dove la manifestazione è improvvisa, a volte dannosa per l’individuo. Per James Hillman l’archetipo può benissimo essere collegato ad una psicosi, questo fa dell’archetipo anche un mezzo di dialogo con la malattia per giungere alla guarigione, o meglio ad una integrazione (Per un esempio negativo si pensi a Nietzsche, mentre a Jung per una corretta integrazione) [2].
In altri casi, l’archetipo si manifesta in rapporto compensatorio alla coscienza (vedi in [5]).

Erich suddivide l’archetipo femminile in due parti, chiamati da lui “caratteri” principali:
- Il carattere elementare:
è evidente nel neonato, dove l’io non riesce a contrapporsi se non debolmente. Si identifica con la psiche primordiale, esso si estrinseca in senso positivo con “il contenere”, “l’accudire”, “il nutrire”, “il proteggere”. In modo negativo esso può esprimersi invece con “privazione” e con “il rifiuto”.
Nel suo stato elementare la figura del contenitore è la dominante. Non stupisce infatti che a livello simbolico il femminile viene identificato con la figura del “vaso”. Un simbolo che richiama sia la creazione, con elementi che fuoriescono, sia la distruzione, come ritorno nel primordiale, a ciò che è nulla ed è anche tutto.
Gli elementi dell’io e la coscienza si trovano in una relazione di tensione energetica con l’inconscio, l’io vi gravita attorno come una luna e tanto più ne è attratto tanto più il carattere elementare del femminile diventa evidente. Nel caso delle malattie mentali, per esempio, capita che l’io, con una carica insufficiente, venga inghiottito dalla forza attrattiva della madre divoratrice. (Le tendenze depressive, suicide, etc …)
In contrapposizione a questo scenario, la figura dell’eroe inghiottito dal mostro ma che lo uccide trafiggendo il suo cuore o divampando una fiamma dal suo interno è un chiaro e ricorrente riferimento alla presa di coscienza e alla guarigione. L’eroe è un elemento maschile, che si contrappone al mostro, l’elemento femminile.

- Il carattere trasformatore:
Emerge sotto un simbolo maschile che spinge al cambiamento. Il carattere elementare tende a far rimanere tutto come si trova, il carattere trasformatore è il suo antagonista.
In una maternità, la donna, vive questo carattere che in effetti, la trasforma e la rende in grado di prendersi cura nel migliore dei modi del suo bambino, proprio questa nuova relazione è la premessa della sua trasformazione.
Nell’uomo, l’anima, la proiezione femminile nella mente maschile, spinge anche qui, l’uomo stesso al cambiamento, lo guida lontano dalle pulsioni prettamente animali. (Nella mitologia questa figura si trova spesso come “guardiano della soglia” che si contrappone fra l’eroe e la sua avventura, Beatrice per esempio, vedi [4]).
L’anima può anche manifestarsi in modo meno positivo, agendo come un non-io, un’altro individuo. Un uomo innamorato ma non corrisposto può esser vittima di una proiezione, si ritrova perciò a combattere contro una parte di se, queste figure sono ben presenti nella mitologia e sono sempre costituite da personaggi potenti Dee o semi Dio che non possono essere sconfitte da un mortale.
C.G. Jung descrive molto bene il processo con il quale la figura dell’anima cresce e matura allontanandosi dal’uroboro primordiale, parte di un processo più generale da lui chiamato “processo di individuazione” (vedi [2]).

Questi elementi derivano tutti dall’uroboro, sono caratteri che danno una “tendenza” alla psiche, non rappresentano in se stessi la positività o la negatività, essi possono manifestarsi sia positivamente che negativamente e non rappresentano in alcun modo il sè, ma solo alcuni dei suoi elementi.
Una divinità può essere madre buona con il predominio del carattere elementare oppure trasformatore. Stessa cosa vale per la madre terribile dove la manifestazione femminile è negativa. Tutto dipende quindi da come gli elementi strutturali sono combinati (es: madre buona con un io infantile rappresenta una situazione di sviluppo negativo).

Schema strutturale dell’Archetipo del femminile.
I 2 assi corrispondono ai caratteri del femminile: M designa il carattere elementare, mentre A il carattere trasformatore. I poli positivi si trovano in alto, quelli negativi in basso. (*Immagine presa da [1])

L’elemento femminile è di difficile comprensione ed elevata complessità, lo stesso schema riportato viene ampiamente trattato da Neumann in [1], il quale sottolinea egli stesso le due problematiche che sorgono durante il tentativo di interpretazione, eccessivamente semplicistico e eccessivamente complicato.
A parte i due assi che rappresentano di due caratteri dell’archetipo, lo schema può essere letto dallo strato più interno, l’uroboro, al più esterno, esso mostra il processo evolutivo dell’archetipo femminile, applicabile sia all’uomo in generale, che all’individuo.
Al centro si trova il carattere elementare, il contenitore, a man mano che si procede verso l’esterno (avviene una differenziazione), il carattere si identifica con quelle caratteristiche proprie dell’asse che scegliamo, ad esempio nel caso dell’asse M, troviamo “il generare” e “il liberare” inteso come fondamento della crescita e dello sviluppo. Per l’asse A, troviamo ad esempio “il dare“.
A complicare lo schema dobbiamo pensare che anche le funzioni sistemate in zone più prossime alla manifestazione negativa del carattere, per esempio M-, sono fondamentali. La funzione “del rifiuto” è una funzione importante del carattere elementare materno, che rende liberi i giovani adolescenti e, come per gli animali, in una determinata fase della vita, li esorta ad andarsene.
Infine, nello strato più esterno sono presenti i nomi di varie divinità. Esse corrispondono a stati a cui l’uomo ancora non è arrivato, ed è per questo che vengono visti come Dei e figure mitologiche. Non per nulla nelle filosofie orientali si fa riferimento ad una divinità interiore all’individuo, ovvero la divinità è già presente ma deve essere raggiunta, conosciuta.
Nel caso del femminile le figure indicate sono quelle presenti nelle dottrine delle varie religioni e mitologie del passato e del presente; Demetra, Maria, Iside, etc …
Come anche le figure negative; Kali, Circe, Gorgone
Kali è una delle figure che maggiormente mette in luce la complessa rete di significati del femminile ed il suo essere fondamentale.

Kali

“Ella rappresenta la Potenza Cosmica, la totalità dell’universo,
l’accordo di tutte le coppie di contrari, e riunisce meravigliosamente in sè
il terrore della completa distruzione e un’impersonale e tuttavia materna rassicurazione.
La Dea contemporaneamente crea, preserva e distrugge il fiume del tempo,
la fluidità della vita.
Il suo nome è Kalì, l’Oscura;
il suo titolo: Il Battello attraverso l’Oceano dell’Esistenza.”
[The Gospel of Sri Ramakrishna]

Per comprendere molti dei contenuti a cui abbiamo accennato dobbiamo considerare che l’uomo primitivo, con limitata coscienza e consapevolezza, vi attribuiva enorme significato a livello psichico, quindi simbolico. Il simbolismo è ricchissimo e la realtà è perciò ricchissima di questo simbolismo.
Tuttavia, il mondo moderno ha rimosso gran parte di questa “coltre” simbolica.

E’ ragionevole dire che l’occidente in molti casi non è riuscito a comprendere il femminile e ne ha paura, nel corso della sua storia ha cercato di imbrigliarlo, e lo ha fatto costruendogli attorno una società patriarcale basata sull’estremo razionalismo. Tuttavia, come mostrato bene da alcuni autori più moderni, come Fritjof Capra in [6], la moderna società sta mostrando i limiti di questo approccio, ed è un’idea ampiamente accettata che per l’avvenire, l’elemento femminile, lo Yin, come viene identificato dagli Orientali, avrà un ruolo fondamentale nella società dell’uomo. Il come questo avverrà si può solo ipotizzare.

Bibliografia
.1 Erich Neumann, LA GRANDE MADRE – Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’inconscio, Editrice Astrolabio, 1956
.2 C.G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, 1967
.3 C.G. Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, Fabbri, 1961
.4 Joseph Campbell, L’eroe dai mille volti, Lindau. 2008
.5 C.G. Jung, L’io e l’inconscio, Boringhieri, 1928
.6 Fritjof Capra, Il punto di svolta, 1982



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