Beh, subito le sono uscite un po' di espressioni diciamo un po' forti, forse imparate in giro per il mondo, forse di quelle che nascono così, spontanee, ma adesso che bisogna sistemare il fosso dello scarico dietro la missione, non se ne ricorda quasi più; alla fine la nostra Nina ha pensato che questi disgraziati avranno avuto bisogno anche loro a Natale. Gira un po' l'anima, ma a Kibaigwa non c'è tanto tempo per fare troppi rimuginamenti sui fatti accaduti ieri, bisogna pensare al contingente, così l'altro giorno eccola in piena attività con la mia amica Suor Consuelo a sistemare 'sto benedetto fosso di scarico, che adesso che sono cominciate queste benedette piogge non scarica affatto e, diciamo, la roba, rimane tutta lì, che non è una bella cosa anche per via dell'odore. L'acqua che è venuta nei giorni precedenti deve aver fatto franare una parte della sponda esterna. Bisogna andare a tirarla su un po'. Cosa volete che sia per una saltafossi come la nostra Nina, che avrebbe voluto fare la trattorista da grande. Ecco appunto che prende la rincorsa, ma sarà un po' per il terreno scivoloso, un po' per la gamba corta, che la poverina atterra proprio sul bordo scosceso, la fanghiglia è scivolosa come una saponetta, ma non altrettanto profumata, così per evitare di finire a testa in giù nel fosso, che non sarebbe una cosa piacevole neanche nelle risaie vercellesi, figuriamoci nella periferia di un paesotto tanzaniano, mi dà un bel colpo di reni, tanto la forza ce l'ha ancora e si mantiene a forza sulla riva opposta. Solo che la caviglia fa crack.
Suor Consuelo, che è più cauta, fa tutto il giro e la tira su e finge di non sentire le parole che escono, così un po' in libertà, ma accidenti deve fare un male cane, viste le lacrime che non si riuscivano a trattenere, anzi, diciamo che si è anche un po' spaventata. Non son cose da prendere sottogamba, così con l'aiuto delle ragazze la caricano sul fuoristrada. Suor Consuelo afferra il volante e anche se con la testa arriva appena sopra il limite del parabrezza, data la sua statura contenuta, da buona filippina di Mindanao, che saranno pure piccoli, ma girano sempre col machete appeso alla vita ed è meglio averli amici, guida a tutta birra verso Dodoma. In un'oretta sono lì, nel primo pomeriggio, ma ahimè, siamo comunque in una capitale africana, così dopo mezzogiorno il pronto soccorso è già chiuso, fino a domani, se no che pronto sarebbe. Ragazzi siamo in Africa, mica a Trino Vercellese! La lacrima scorre di nuovo e dietrofront con la caviglia ancora coperta di fagotti di ghiaccio ormai sciolto. Passano due giorni, la caviglia è un bel po' gonfia, sembra una salama da sugo; intanto arriva padre Fabiano a cui la piaga si sta allargando sempre di più. Ha parlato con la missione di Mlali dove c'è un piccolo ambulatorio ortopedico con medico italiano che mette a posto le fratture varie, meglio dello stregone del villaggio. Una manna dal cielo.
Un'altra oretta di pista piena di buche (con acqua come nel film di Tognazzi) stringendo i denti per gli scossoni, ma il fuori strada è abbastanza grande per allungare la gamba, per la piaga di padre Fabiano e per Suor Consuelo alla guida, che però tiene pochissimo posto. La missione è in un paesaggio idilliaco. Aveva ragione Hemingway, le verdi colline d'Africa, appena dopo la pioggia sono di un verde smeraldino che luccica e incanta, ma fare tutte quelle scale in mezzo al paese per arrivare alla missione saltellando su una gamba come un topo da risaia, non te le fa apprezzare nella loro giusta luce; questo aspetto lo lasciamo ai turisti che trovano l'Africa così pittoresca, mentre si asciugano le mani con le loro belle salviette detergenti e antisettiche, dopo aver accarezzato la testa di qualche bambino scrofoloso ed essersene liberati con qualche caramella. Comunque dietro alla stanzuccia dell'"ambulatorio" c'è il ripostiglio medicinali e attrezzature varie, da cui salta fuori una macchinetta portatile per i raggi X. La Nina ci ficca il piede sotto, dopo che il Doc le ha tirato un giubbetto da indossare come "protezione" ruspante e fa la lastra. Niente fratture, siamo a posto, lacrime sprecate, andiamo, si torna a Kibaigwa che c'è da fare. Ma sì, vado a fare 'sto conteggio della miniIMU a cuor leggero, mi scappa da ridere, al più mi metto le scarpe pesanti.
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