riceviamo e pubblichiamo
C’è una via del centro di Perugia nota come “scalette di Sant’Ercolano”: collega piazza Matteotti con il sottostante corso Cavour ed è apprezzata anche dai turisti. Un vivace brusìo la pervade eppure, soffermandosi di fronte al numero civico 8, non si può non notare un che di anomalo, di sciatto, di deliberatamente incustodito: il portone imbrattato, la tastiera dei campanelli infranta, gli appartamenti deserti, privati delle imposte e di ogni accessorio, perfino gli intonaci eliminati, il tutto nel più completo stato di incuria. Perché?
Un motivo lampante c’è e risiede nella speculazione immobiliare in atto da tempo, ma ciò che rende l’insieme particolarmente squallido è l’indifferenza nei riguardi della memoria di un cittadino che in uno degli appartamenti del numero 8 ha abitato, e che in casa propria fu massacrato da ignoti nel 1998. Mi riferisco a Piero Nottiani, restauratore di opere d’arte di innegabile competenza. A piede libero sono tuttora l’assassino, il mandante e l’immobilismo nelle indagini.
Va aggiunto che, un anno prima dell’omicidio di cui sopra, a Firenze era stato ucciso, con le stesse, efferate modalità, un altro qualificato esperto di opere artistiche, il nobiluomo Alvise di Robilant.
Data la carenza di notizie che vennero diramate sul duplice caso criminoso, chiedo alle autorità competenti: è stata condotta un’indagine univoca per risalire, in base ai numerosi indizi, all’identità dei responsabili, o del responsabile?
Non sono il solo cittadino a chiedere di sapere, anzi ve ne sono molti ma, come di regola accade, dopo l’eco iniziale e le indagini di rito tutto si spegne, o meglio, vien fatto accuratamente spegnere dalla solita efficiente regia occulta?
Se aggiungiamo alla serie di delitti anche il furto che avvenne in quegli anni alla Galleria Nazionale dell’Umbria, allora anche un bambino ne dedurrebbe un collegamento con bande organizzate: è evidente che Nottiani e Robilant erano persone scomode che avrebbero potuto intralciare l’attività malavitosa, oppure furono usati come vittime entro un piano depistante ben architettato. Comunque sia, il killer non era isolato ma più individui agirono, certi di poter godere di assoluta immunità. Insospettabili soprattutto, e anche ben stimati. Per forza, perché se si fosse trattato di normali balordi, pesci piccoli insomma, la Polizia li avrebbe già scovati da tempo, così come acciuffa i piccoli spacciatori invece di arrestare i grandi raffinatori.
Si punta sovente il dito contro la presunta indifferenza da parte dei cittadini nel collaborare, ma come si può collaborare quando non si sa in quale modo né con chi?
Per progredire nella ricerca della verità in un caso come quello dell’omicidio di Nottiani che cosa dobbiamo fare, metterci in fila negli uffici di Questura, Prefettura, Carabinieri, Polizia Municipale e altri, per poi essere guardati come alieni e ricevere il classico diniego di rito?
Non esiste purtroppo la possibilità di uno scambio pianificato e costruttivo tra forze dell’ordine e cittadinanza.
Francesco Trabolotti e-mail: pistapepe@hotmail.it