“Notturno, il sonno alla ragione” di Filippo Renda

Creato il 21 gennaio 2015 da Temperamente

La casa del sonno è uno dei libri più intensi e famosi dello scrittore inglese Jonathan Coe e il giovanissimo Filippo Renda (classe 1989) ha voluto portarlo a teatro. Per l’occasione, lo scrittore è venuto nel continente, come dicono i veri inglesi, incontrando il suo pubblico prima dello spettacolo ai Filodrammatici il sabato della messinscena.

Come lo stesso Coe ha confermato, La casa del sonno, che uscì nel lontano 1997 per Feltrinelli, andò meglio in Italia di quanto sia andato in Inghilterra; inoltre, Coe ha rivelato che esiste una particolare liason tra i suoi libri e i lettori italiani: si è reso conto, tramite le presentazioni, gli incontri col pubblico, lettere ecc., che il popolo italiano è quello che meglio comprende i suoi scritti, forse più anche dei conterranei inglesi (in barba alle statistiche che ci vogliono sempre ultimi nelle classifiche dei lettori). Se sia stato o meno questo feeling a spingere il giovane regista a riadattare il romanzo, non saprei, certo è che Milano ha confermato le parole dell’autore, dato che lo spettacolo è andato sold out quasi tutte le sere.

Notturno, la ragione al sonno è il titolo dello spettacolo reinterpretato, e notturne ne sono infatti le ambientazioni, le scene e i colori. In una grande casa a picco su una scogliera, che ricorda tanto un castello stregato, vi è una famosa clinica che cura tutti i disturbi del sonno – elegantemente elencati dalla psicologa Cleo Madison (Irene Serini) all’inizio del dramma. La dottoressa è una figura androgina, ricalca quella dello scienziato pazzo, nonostante voglia convincerci, e in parte vi riesce, a credere nel suo amore per i pazienti e la sua volontà di ferro nel curarli. Entra in scena e la occupa da sola muovendosi in modo spezzato e giocando con i toni della sua voce, descrivendo un personaggio bizzarro e particolare, ma tutto sommato credibile. Sarah, cuore emotivo dello spettacolo, è una giovane donna con tanti problemi, non solo legati al sonno: infatti, lei stessa candidamente ammette che molti la chiamano Sarah la pazza. Sciorinando le sue disgrazie, gli episodi di narcolessia e i problemi della sua vita, Sarah appare ingenua ed indifesa, ma le sedute con il professor Dudden, l’esperto direttore della clinica, che appare solo in video, a sottolineare il suo distacco da puro tecnico, svelano alcuni degli arcani atteggiamenti della paziente.

Tra una scena e l’altra intercorrono sul proiettore scenografie disegnate, mentre un calendario va avanti e indietro con le date, facendo perdere il senso del tempo, come accade in una mente alterata; lentamente, l’indagine si allarga ed emergono altri particolari  sulle vite passate delle protagoniste, giungendo al classico face to face finale, che però si chiude senza aver fugato tutti i dubbi.

Uno spettacolo ricco di effetti, che combina elementi di natura diversa, e che ricorda nei costumi e nel trucco le atmosfere gotiche del miglior Tim Burton – legittimamente, direi, visto che anche Coe ha ammesso che per certi versi La casa del sonno è un libro gotico. Dalla complessa architettura originale si insiste molto sul lato psicologico della storia, criticando a vario titolo le diverse correnti (Freud vs Lacan, vecchi metodi vs nuovi metodi) e giocando con transfert e flashback, opponendo così personaggi e storie. Proprio come dice il titolo, Notturno è uno spettacolo visionario, complesso e irrisolto, proprio come spesso sono i sogni.


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