Il tempo per fare l'affare è poco e le avversità sono tante....
Nove Regine è uno dei piccoli cult personali del sottoscritto: un film importante che mi ha fatto conoscere una cinematografia da non sottovalutare come quella argentina e soprattutto un attore favoloso, Ricardo Darin, che qui a bottega è tuttora uno dei più apprezzati.
Nove Regine è il film d'esordio di Fabian Bielinsky, che lo ha anche sceneggiato, un talento della scrittura e della regia che un destino bastardo ci ha strappato via troppo presto e dopo sole due pellicole all'attivo ( questa ed El Aura, altro film assolutamente da vedere di cui abbiamo già parlato qui e qua ) .
La storia dei due piccoli truffatori Juan e Marcos, ognuno con le sue caratteristiche peculiari e una storia personale svelata a poco a poco, in filigrana lascia intravedere una nazione sull'orlo di una crisi economica da cui si riprenderà a carissimo prezzo, e un cinema di precisione geometrica, costruito come un mosaico in cui tutte le tessere col passare dei minuti quasi magicamente occuperanno il posto giusto.
E' un cinema che profuma di classico ma anche di moderno, un po' I soliti ignoti , un po' Ocean's Eleven ( che non dimentichiamo è un remake) e molto Pacco , doppio pacco e contropaccotto ma a un livello cinematografico più alto rispetto al film di Nanni Loy, un film di truffe e truffatori che tiene incollati alla poltrona perchè il maestro dei truffatori, termine stavolta da prendere nel senso positivo, diciamo illusionisti allora in quanto ti fa vedere solo quello che vuole lui, è proprio Fabian Bielinsky che sembra giocare con lo spettatore allo stesso modo in cui il gatto gioca col topo.
Tutto condotto con precisione matematica, un meccanismo perfetto un po' alla Mamet , eppure tutto appare costantemente in bilico, in un equilibrio precario che sembra sul punto di spezzarsi irrimediabilmente ad ogni sequenza.
Eppure pur aspettandosi un colpo di scena finale, quello che accade al termine del film è comunque inaspettato, un qualcosa che provoca stupore e meraviglia perchè è tutto calcolato nei minimi termini.
E poi quel sottobosco di Buenos Aires pieno di attori e truffatori ha un'aria tremendamente familiare , internazionale e napoletano allo stesso tempo, un'atmosfera familiare reiterata anche dalla continua citazione di una canzone di Rita Pavone, Il ballo del mattone , l'ossessione di Juan che poi viene fatta finalmente sentire ( per chi non la conoscesse ) sui titoli di coda.
E che sorpresa vedere un programma televisivo che nei giorni scorsi mostrava un truffatore all'opera alla cassa di un bar con l'"uruguayana", come la chiama Marcos all'inizio del film, una piccola truffa da 50 euro.
A distanza di tanti anni pare che funzioni ancora egregiamente.
Un po' come il film che non accusa per nulla il peso degli anni: leggero, scorrevole ed intelligente gioco con lo spettatore che si ritrova coinvolto in maniera attiva e non solo un fruitore passivo.
( VOTO : 8, 5 / 10 )