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“Novecento” di Alessandro Baricco: quando il mondo fa paura occorrono piccole certezze

Creato il 20 febbraio 2015 da Alessiamocci

“Questo me l’ha insegnato Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, il più grande pianista che abbia mai suonato sull’Oceano. Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Così, diceva: quello che vedranno”.

Ho ripreso in mano la lettura di quello che da più di vent’anni è considerato una leggenda, ovvero il monologo teatrale “Novecento” di Alessandro Baricco, pubblicato da Feltrinelli nel 1994. In libreria è presente, dall’ottobre del 2014, la prima edizione nella collana “I Narratori”. Tanto per intenderci, è il testo che ha ispirato a Giuseppe Tornatore nel 1998 il film “La leggenda del pianista sull’oceano”.

A metà fra una vera messa in scena e un racconto breve, da leggere ad alta voce, “Novecento” è una storia che senza dubbio valeva la pena di raccontare. Baricco, scrittore piemontese classe 1958, ha scritto quest’opera perché fosse interpretata dall’attore Eugenio Allegri, con la regia di Gabriele Vacis. In realtà, ne è stato prodotto uno spettacolo teatrale che, nel luglio del 1994, ha debuttato al festival di Asti.

Si tratta di un testo brevissimo, appena 56 pagine, che si legge con grande rapidità, grazie alla prosa scorrevole e colloquiale di Baricco. Alla sua grande capacità di evocare il pensiero e concatenare le sequenze del dialogo.

La storia è narrata da Tim Tooney, un suonatore di tromba, che nel 1927 entra a far parte di una band sul piroscafo Virginian. A cavallo fra le due guerre, questa nave da crociera faceva la spola fra l’Europa e l’America, portando in carico miliardari, così come emigranti e povera gente.

Come faccio a conoscere il nome del narratore, sempre definito come “musicista” o “suonatore di tromba”? Semplice, essendo l’opera concepita come un copione di teatro, vi è la descrizione delle varie scene, e io ho ricavato il prezioso nominativo deducendolo per logica dalla presentazione degli strumentisti. È davvero poca cosa, ve lo assicuro.

Nel 1927 il narratore inizia la sua prestazione lavorativa sulla nave, e qui fa la conoscenza di un vero e proprio prodigio, il pianista migliore al mondo, Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, che si esibisce con lui nelle serate di gala. I due diventano subito amici, perché Novecento, su quella nave c’è nato e vissuto, e quindi può dargli tutti i raggiagli di cui ha bisogno. Ancora neonato, Novecento, che all’epoca dell’incontro col narratore ha 27 anni, è stato abbandonato sul transatlantico Virginian, ed è stato ritrovato per caso dal marinaio di colore Danny Boodman, all’interno di una scatola di limoni. Quest’ultimo gli ha fatto da padre fino all’età di otto anni, ma poi è deceduto in seguito ad una ferita riportata durante una burrasca. Nei giorni successivi alla morte del padre adottivo, Novecento scompare, e quando fa ritorno, egli sa suonare il piano in maniera miracolosa.

Novecento è un uomo molto intelligente e con grandi capacità di apprendimento, in grado di vivere attraverso i racconti dei passeggeri che incontra sulla nave. Sebbene egli non abbia mai messo piede sulla terraferma, disquisisce di geografia con chiunque, dando l’impressione di esserci stato davvero, nei luoghi di cui parla. Egli vive attraverso i desideri e le passioni altrui, sospeso fra il suo pianoforte, dal quale non è in grado di separarsi, e il mare che è da sempre la sua casa.

La storia d’amicizia fra i due durerà sei anni. Novecento non riuscirà mai a scendere da quel piroscafo, perché questo vorrebbe dire mettere radici da qualche parte e superare la paura di amare. Dedica quindi la sua esistenza alla musica, suona per i passeggeri della nave, per allietare i loro cuori e alleviare le loro pene.

Piuttosto che raggiungere un compromesso con la vita, il pianista preferisce incantare le proprie speranze e lasciarsi esplodere con quel transatlantico, giunto ormai a fine corsa, che per tutta la vita ha custodito i suoi timori. Fa un po’ come l’incantatore di serpenti col cobra: suona una musichetta che lo allerta e al tempo stesso lo distrae. Che camuffa, copre ciò che in realtà è la verità. Così come il cobra non è portato a muoversi dalla melodia, bensì a causa del movimento ondulatorio del flauto, anche Novecento crea una musica che in realtà vuole comunicare altro.

Strano da spiegare, a chi non ha di queste paure e cerca sempre la libertà.

Altrettanto peculiare è che vi siano persone che per tutta la vita cercano dei confini netti, delle piccole certezze, volesse anche dire vivere la propria esistenza interamente su un’imbarcazione. Il mondo invece, nella sua immensa vastità, terrorizza. E Novecento lo ha provato sulla propria pelle.

 

Written by Cristina Biolcati

 


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