La leggenda del pianista sull'Oceano-Tornatore
"Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò".Denny Boodman T.D. Lemon Novecento è un pianista anzi, è IL pianista.
La musica non la compone, non la suona, la vive.
Novecento è nato su una nave, il Virginian, e deve il suo primo nome a Danny Boodman, il marinaio che lo trovò in fasce.T.D. Lemon non ha mai suonato il piano, ma si sa, le cose avvengono per caso, e per caso lui diventa leggenda.
Mani e tasti, musica e orecchio, è tutto un unicum ormai, gli elementi diventano inscindibili e Novecento è lì, è il pianista sull’Oceano di cui parlano anche a terra.
Suona Novecento, per i ricchi in prima classe così come per i più poveri, la sua bravura suscita ammirazioni ma anche invidie come quella di Jelly Roll, il presunto inventore del Jazz pronto a sfidare il musicista dei mari. Ma questi non ama le sfide, pensa solo alla musica, a quell’unica, grande arte che non può essere ridotta a mero gioco d’esibizione.Novecento è un mito, una leggenda che tutti vorrebbero trasportare sulla terra ferma.
Ma lui tale coraggio non lo avrà mai: “Terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare”.
Si ferma, quattro, cinque passi…eccoli sulla scaletta, ci siamo…ma no, il suo mondo è il Virginian, è la nave su cui è nato e su cui morirà.
La leggenda del pianista sull'Oceano, il film
Novecento però non è vigliacco, è semplicemente l’equivalente di tutti noi. Ha paura dell’ignoto, è schiavo dell’abitudine e in fondo non si può fargliene una colpa perché la sua nave è la nostra storia d’amore, è il nostro lavoro deludente, è la vita che non sappiamo cambiare.
In questo testo nato come monologo teatrale Baricco dà vita a un personaggio singolare e indimenticabile, si ha l’impressione di sentirlo suonare nelle nostre stanze, di vederlo fermarsi su quella scaletta. Ogni parola, anche perché isolata, è carica di mistero, a tratti sibillina, ma è anche pregna di emozione e sentimento. Breve perché una sola pagina in più sarebbe stata inopportuna, questo testo è un piccolo gioiello della narrativa, da leggere, rileggere e assimilare perché lezione di Novecento la leggiamo nelle sue stesse parole e non serve aggiungere altro.
“Io, che non ero stato capace di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio…”
Articolo originale di Sentieri letterari. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore. I contenuti sono distribuiti sotto licenza Creative Commons.