Cinema
Ebbene, dopo il successo a Venezia del documentarioSacro Gra, anche all’ottava edizione delFestival Internazionale del Film di Romatrionfa una docufiction (come è stata definita) che racconta la vita sulle strade d’Europa di un camionista professore. Tir, del FriulanoAlberto Fasulo, racconta la storia vera, anche se ricostruita, di un plurilaureato croato, interpretato da Branko Zavrsan, che per guadagnare qualche soldo in più diventa camionistain Italia. Lunghi silenzi, paesaggi spiati dal camion e dettagli di una vita modesta, compongono un film fuori dagli schemi che ha forse vinto a sorpresa ma con un verdetto che non è stato contestato.
Un Festival che, a mio avviso, ha fotografato l’attualità sociale. Questo preferire il contatto virtuale a quello fisico, lo sguardo filtrato dalla Rete piuttosto che quello diretto, la comunicazione via app, le chat on line, invece della chiacchierata davanti a una birra. E’ così che la Giuria premia la virtualità anche nell’arte. Ed ecco che ilpremio per la miglior interprete va a Scarlett Johanssonche in Her non compare mai, se non in voce. Ci domandiamo allora la validità del premio quando la pellicola arriverà doppiata da un’altra attrice nelle nostre sale. Presenza virtuale, per restare in tema, quella di Matthew McConaughey, vincitore come miglior attore per Dallas Buyers Club, assente alla cerimonia di premiazione.
Una certa virtualità anche nei numeri di questa Kermesse. Non si riesce a sapere ilbilancio finale sulle presenze alle proiezioni. Secondo le cifre diramate dalla direzione del festival: i partecipanti nelle varie sale della manifestazione sono solo ‘stimati’ e indicati in 150mila. Sono sicuri invece i dati che arrivano dal web: 30.200 likes su Facebook e 6.500 followers su Twitter. Un “mi piace” solo virtuale, molte le lamentele per i posti riservati agli accreditati, troppi gli accrediti venduti e troppo pochi i posti riservati ai possessori dei passi. Comunque, dopo 163 film da 30 Paesi, proiettati in 7 sale (poche rispetto alle precedenti edizioni) per un totale di 402 proiezioni, non sono mancate le note positive.
Il cinema italiano gode di buona salute: da Come il vento, l’omaggio di Valeria Golino alla coraggiosa direttrice di carcere Armida Miserere, all’attualissimo I Corpi estranei di Mirko Locatelli sul problema dell’integrazione. E ancora L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi, quarant’anni della nostra storia politica filtrati dalla romanità ironica di Elio Germano e Ricky Memphis, per non dimenticare Il mondo fino in fondo di Alessandro Lunardelli, dove diversità ed ecologia fanno da sfondo a un’opera prima che parte con le migliori intenzioni.
La sottoscritta, va controcorrente, nell’elogio di Out of the Furnace, il gangster-movie di Scott Cooper, criticato per una trama un po’ scontata, eppure il passo stanco di Christian Bale, piegato dai dolori dell’esistenza, merita attenzione, la limpida fotografia di una periferia americana desolata e triste, e la meravigliosa colonna sonora di un classico dei Pearl Jam “Release”, per la prima volta prestato al cinema.
Insomma un mix di dolce e amaro. Anche il direttore artisticoMarco Muller ha dovuto riconoscere che: “Inizia adesso il momento della verifica – ha detto Muller – quando sentiremo le opinioni dei soci fondatori. Sono loro che devono, con il Presidente e il consiglio di amministrazione, contribuire ad orientare il Festival. Ma da parte mia, con tutto l’ufficio cinema, ci metteremo a tempestare di e-mail registi, produttori, distributori, per sapere secondo loro cosa ha funzionato e cosa no, che cosa c’era di buono ma anche cosa mancava. Su questa base dobbiamo ridefinire”. Sarà l’inizio o l’inizio della fine? Lo sapremo nella nona edizione.
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