
Ottima ambientazione, interessante ricostruzione del contesto socioculturale. Oltre a questo una storia troppo lineare che non riesce ad essere epica, in bilico tra The Fighter (David O. Russell, 2010) e I padroni della notte (We Own The Night, James Gray, 2007). Willem Dafoe perfettamente nella parte (finalmente!).

Storia di vendetta dall’ambientazione e dalle movenze nordiche che ricorda il minimalismo kaurismakiano. Ma qui manca il sottotesto poetico e troppi fattori inficiano il risultato finale (stonano i riferimenti alla mafia e la figura del Conte è troppo poco credibile).

Mi permetto di criticare Jarmusch. Lo so, non si potrebbe. Ma lo faccio, pur essendo conscio che le conseguenze potrebbero essere nefaste. Del resto criticare Jarmusch è un po’ come criticare Wes Anderson. Lo faccio dunque? Non lo so… Beh, mettiamola così: quest’opera è un puro esercizio di stile completamente sconnesso dai tempi (se non fosse per il riferimento, comunque stucchevole, ai vampiri riportato in auge da Twilight) dove sono state inserite divagazioni su arte e musica che possono risultare interessanti solo a sessantenni nostalgici o quindicenni rockettari. Ecco, l’ho detto.

Non c’è stile in questa retorica biografia su Yves Saint Laurent. Non c’è altro da aggiungere. Se non che potete recuperare piuttosto Valentino – The Last Emperor (Matt Tyrnauer, 2008).