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Nubi: il vulcano, la letteratura di Matthew Shiel e le parole che filtrano

Creato il 30 aprile 2010 da Stampalternativa

Ash plume from Eyjafjallajokull Volcano - NASA Goddard Photo and  VideoIn questi giorni. D’attesa che la grande nube abbia del tutto finito di attraversare anche il cielo sopra le nostre teste, coprendo di nuovo grigio il grigio pallore delle ultime albe. In attesa della grande nube in viaggio dal vulcano dei ghiacci d’Islanda. Eyjafjallajokull.

Nome impronunciabile. Come impronunciabile sembra un pensiero. Soffocato dal chiasso delle voci sugli intralci che la nube porta alla nostra vita quotidiana, di passeggeri che hanno perso il volo. Nevrosi dell’oggi… Ma forse il cammino più lento, appena più umano, di distanze da percorrere aderenti alla terra, apre alla mente spazi dove quel pensiero impronunciabile rischia di insinuarsi.

Il pensiero di tempi e strade, forse disegni, altri. Lontani e indifferenti al nostro agitarsi quotidiano. Narrazioni di percorsi apocalittici. Scenari da secolo ultimo, anche se a secolo appena appena iniziato. Ma anche grandi, o piccole catastrofi, che uccidendo il vecchio, aprono il terreno a nuove fertilità. Come quella che pure dalla cenere nasce. E viene in mente una narrazione, che questi pensieri ha tradotto in grande romanzo. La nube purpurea, dello scrittore di origine irlandese Matthew Shiel.

Shiel racconta di un viaggio attraverso la terra affollata di morti e relitti, dopo il passaggio di una grande nube. Che ha steso sul mondo un velo pupureo, dal sottile profumo di fiori di pesco e di mandorle amare. Imbalsamandola così, la nostra terra, in visioni terribili e struggenti di un’umanità distrutta. I romanzi, si sa, sanno spesso raccontare, e prevedere a volte, la vita del mondo meglio di qualsiasi cronaca. Shiel sembra avere avuto la capacità di inquietanti veggenze. L’introduzione a una vecchia edizione della  Nube purpurea, ricorda che un precedente racconto parlava di una feroce setta poliziesca che aveva l’obiettivo di sterminare i deboli, la setta degli S.S. Parola di Shiel, che quel racconto “inventò” nel 1895. Senza sapere, ma sapendo, che sul secolo allora prossimo a venire, avrebbero marciato gli squadroni delle S.S.
E sarebbe poi caduta la pioggia di morte di altre nubi sterminatrici. Senza l’accortezza della poesia di quel delizioso profumo di fiori di primavera che, nel racconto di Shiel, così dolcemente si mescola all’odore della decomposizione dei corpi. L’umanità sterminata dalla nube purpurea, comunque, rinascerà. Rinascerà dall’incontro dell’io narratore con una donna ( loro due unici sopravvissuti alla catastrofe), con la quale il protagonista deciderà di generare ancora, nonostante i tanti dubbi che ha sull’umanità. Ripensando dunque alla nube purpurea, in attesa di questa nube grigia, in viaggio dalle terre dal nord. I romanzi, a volte, quale migliore cronaca…


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