Nuclear Nation

Creato il 17 marzo 2012 da Makoto @makotoster

Nuclear Nation (id.). Regia: Funahashi Atsushi. Fotografia: Funahashi Atsushi, Yamazaki Yutaka. Musica: Suzuki Haruyuki, Sakamoto Ryūichi. Produttore: Hashimoto Yoshiko per Documentary Japan e  Big RiverFilms. Durata: 145'. Anno: 2012
62° Berlin Film Festival (9-19 febbraio 2012)Punteggio ★★★1/2
La prima immagine di Nuclear Nation è il movimento di un’onda su una spiaggia. Poco doporiempiono lo schermo i ciliegi in fiore.Il documentario di Funahashi Atsushi (suo ultimofilm Deep in the valley, del 2009),introduce così un’opera scandita dall’incedere delle stagioni, scelta checonferisce un forte senso di circolarità. Il regista riesce ad intervistare molte personedella comunità di Futaba, città nella prefettura di Fukushima, evacuata aseguito del disastro dell’11 marzo 2011. 1400 abitanti della cittadina spazzatavia dal mare e raggiunta dal fallout nucleare dei giorni seguenti, sonoospitati nel complesso di una scuola in un sobborgo di Tokyo. Ed è proprio lìche il cineasta li incontra, in particolare il sindaco della cittadina, l’uomoche tenta in tutti i modi di mantenere vivo il senso di comunità, che lotta perfar valere i diritti dei suoi concittadini, tra mille ostacoli, notizieframmentarie, scuse di comodo e aiuti che non arrivano.È una figura tragica e coraggiosa, quella delsindaco di Futaba. Si svela davanti alla macchina da presa, riconoscendo diaver ceduto alle lusinghe economiche delle grandi compagnie, senza considerarein modo appropriato i rischi connessi al nucleare. Funahashi lo segue alleriunioni anche con esponenti politici e documenta visivamente il senso diimpotenza di fronte all’indifferenza di questi ultimi. Durante le riprese, ed èdegno di nota, l’uomo mette a nudo le proprie emozioni e rivela di sentirsifrustrato, umiliato per le tante promesse non mantenute. Il regista lo riprendeinsieme alla sua gente, mentre li accompagna nelle due ore che ad un certopunto si decide abbiano a disposizione per poter far ritorno alle loroabitazioni nella zona contaminata. Intanto scorrono i volti, a testimoniare letante tragedie personali, passano i giorni e continua la vita nei locali dellascuola: la ginnastica, la compilazione dei moduli per il sussidio didisoccupazione, la visita dell’Imperatrice, un uomo prepara il sushi per ilnipote, ad intervalli le televisioni disponibili propongono le notizie filtratedal Governo, che, per la loro inattendibilità e per le continue scuse dal vagosapore ipocrita, suscitano commenti infastiditi dei diretti interessati daldisastro.  Il regista si avvicina con molto rispetto alle personenella scuola, loro stesse raccontano storie personali, esprimono le loroperplessità. Non senza un filo di angoscia assistiamo ai momenti che vorrebberoessere di svago, all’interno della scuola: una dimostrazione di wrestling,gruppi musicali, la festa di Tanabata, quando vengono appesi ai rami dialberelli strisce di carta colorata con sopra scritti desideri (il piùricorrente quello allo stesso tempo anche più irrealizzabile: di poter farritorno presto a Futaba) perché il vento le scuota e, come recita la leggenda,divengano realtà. Funahashi riesce a mio avviso a dar vita ad un’operamolto intensa, che fa riflettere e che bene documenta la perdita emozionale dipersone travolte da un disastro di dimensioni inimmaginabili, che ha stravoltole loro esistenze. Lo fa insistendo sui volti e sui gesti della quotidianità,strappati dalla loro sede e “ricollocati” in una dimensione altra, imposta peremergenza, ma proprio per questo innaturale.Il film si chiude sulle note di “For Futaba” di Sakamoto Ryūichi. Al termine della proiezione è stato presentato un video messaggio del sindaco, impossibilitato a partecipare al Festival di Berlino a causa di incontri con esponenti del Governo proprio negli stessi giorni. Nel video, ancora, manifestava le proprie perplessità sulla scelta dell’energia nucleare, soprattutto con riguardo alla sicurezza e alla gestione delle scorie. Al momento pare che l’uomo stia cercando di organizzare l’insediamento della comunità in una sede temporanea. [Claudia Bertolè]

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