E guardate non si tratta affatto di risparmi sulle lampadine o su razionalizzazioni di utilizzo, anche se queste cose sono importanti, ma proprio di strutture. E qui dovrò fare una piccola digressione tecnica e storica che riduco proprio all’essenziale per far comprendere di cosa si tratta. Il trasporto di energia elettrica comporta delle perdite tecniche (addebitate in bolletta) e che sono inevitabili a causa dell’effetto Joule (dispersione termica dovuta al passaggio di corrente) e per l’effetto corona causato dalla tensione. Queste perdite si aggirano globalmente attorno al 10% scarso e sono in gran parte ineliminabili. Ma il grosso della dispersione è proporzionale alla distanza che la corrente deve deve percorrere prima di arrivare alle case o in generale agli utilizzatori. E nel caso italiano arriva alla incredibile cifra finale di circa il 30% per cento. Praticamente quanto l’acqua dispersa dagli acquedotti fatiscenti. Vale a dire che con una rete efficiente sarebbe possibile risparmiare il 20% di energia prodotta.
Il fatto è che nel ’62 quando venne nazionalizzata l’energia elettrica. l’Enel si trovò ad ereditare le reti dei circa 1300 gestori e produttori di elettricità che erano tra di loro poco o per nulla interconnesse. E da allora nonostante i tanti interventi prima di Enel e poi di Terna, ancora mancano efficienti dorsali adriatiche e tirreniche oltre che i collegamenti tra di esse che riducano i “giri” che la corrente deve fare.
Adesso possiamo fare due conticini. Mediamente il consumo di energia elettrica in Italia è arrivato atorno a 340.000 GWh totali e se si recupera il 20% dovuto alle inefficienze di rete si possono risparmiare 68.000 GWh, vale a dire l’apporto di almeno 5 centrali nucleari del tipo Epr che vadano sempre al massimo teorico. E naturalmente a costi che probabilmente non arriverebbero a quelli di una sola centrale che è di circa 4 miliardi sulla carta, ma 5 nella realtà, quando va bene, come sappiamo dalla Finlandia e dalla Francia. Questo senza dire che un rinnovamento e ammodernamento della rete permetterebbe di sfruttare appieno la produzione eolica che oggi è sottodimensionata proprio per questo tipo di problemi.
Certo, realizzare nuove dorsali e riorganizzare il trasporto dell’energia elettrica è un piano che fa molto meno gola all’industria nel suo complesso, quindi non viene considerata un’operazione conveniente o appetibile quanto il nucleare. E men che meno dunque viene presa in considerazione dal governo. Persino i produttori di energia elettrica non vedono probabilmente una convenienza nell’affrontare nuovi investimenti “solo” per risparmiare.
Come si vede il nucleare piazzato nel Paese più sismico di Europa e contemporaneamente anche privo delle grandissime risorse idriche di cui il nucleare ha bisogno, non è che sia tanto rivolto a differenziare le fonti o a produrre energia che ci manca visto che già oggi la potenza installata è notevolmente superiore, tanto che spesso le centrali idroelettriche vengono tenute ferme a lungo termine, ma a gettare in pasto a un certo affarismo grandi business. In questo quadro vengono totalmente ignorati i grandi risparmi possibili, che non riguardano affatto i comportamenti virtuosi dei singoli, ma proprio le strutture di base. E mentre in tutto il mondo la parola d’ordine è aumentare l’efficienza e i rendimenti, da noi si cerca solo di aumentare il carburante per un sistema ormai decotto.