Nuda beneficenza

Da Aoirghe

Storie da una provincia di pianura: un bravo fotografo lodigiano, Claudio Gusmaroli, realizza un calendario di nudo femminile a scopo benefico, ambientato nella città di Lodi. Dodici ragazze del territorio vengono immortalate senza veli in giro per la città, a fare da sfondo le bellezze architettoniche del luogo. Uscita prevista, novembre 2013. Lo scopo è nobile - raccogliere fondi per un progetto benefico - ma le reazioni della comunità cittadina e dell'opinione pubblica sono molto variegate: c'è chi plaude all'opera artistica e agli intenti etici, e chi invece grida allo scandalo, alla mercificazione del corpo femminile, all'umiliazione. Il progetto acquista visibilità nazionale, grazie soprattutto alla polemica che cresce giorno dopo giorno. Si smuovono comitati di femministe, la televisione e i salotti Rai del buon costume e del dibattito facile, divampa lo scambio di opinioni su Facebook da parte di lodigiani e non, sia uomini che donne, e prende forma un'unica dicotomia di pareri - se si approva il calendario si è liberal e moderni, se invece si contesta la scelta si è bigotti, incapaci di apprezzare l'arte e, nei casi femminili, si è, quasi certamente, cozze. Dando un'occhiata alle immagini, sono subito chiari due fattori indiscutibili: Claudio Gusmaroli è un ottimo fotografo e le ragazze sono davvero bellissime. Lodi, da sfondo, è poetica, discreta, ma abbagliante. Non c'è nulla di brutto, nulla di sgradevole. È bellezza, nel senso più vasto del termine. E allora perché non tutti apprezzano?

In molti hanno scritto che Lodi è una città bigotta, religiosissima, dove un'iniziativa del genere non poteva che venire messa al rogo dal perbenismo generale. In molti hanno sottolineato che le ragazze hanno scelto liberamente di posare nude, che era un loro diritto, e il fatto che sia stato per un progetto benefico rende ancora più condivisibile la loro decisione. Quindi, perché indignarsi? Un calendario del genere, ambientato nella mia città e con ragazze locali e bellissime, non mi offende. Non mi offende il nudo, non mi offende il fine benefico. Tuttavia è, credo, una distrazione, una di quelle distrazioni che in Italia ci concediamo spesso, con occhiate benevole e pacche sulle spalle, ma che risulta non necessaria e, soprattutto, potenzialmente nociva. Nociva perché non possiamo più ignorare che in Italia le donne cadono come in guerra, massacrate da uomini che credono di poter disporre di loro a proprio piacimento. Solo nel 2012, sono state fatti rientrare nella categoria femminicidi 124 assassinii di donne. Non è normale, non deve diventarlo. E come può un calendario di nudi lodigiano essere una distrazione? Una risposta c'è, e non è semplice: c'entra il Paese dove viviamo, c'entra la televisione con cui siamo cresciuti, gli sgambettamenti e i perizomi all'ora di cena, c'entrano i femminicidi e una cultura maschile che tuttora, 2013, tende a considerare la donna come un un oggetto senza volontà. C'entra il fatto che il corpo nudo femminile, ancora oggi, serve per pubblicizzare biancheria intima, tè freddi, silicone, automobili, prodotti per la doccia e vacanze. C'entra che è sbattuto su cartelloni pubblicitari, pagine di giornali, schermi piatti e non, dall'ora di colazione a notte fonda, senza sosta. C'entra che tutto questo ci svilisce, abbassa il valore delle nostre gambe, dei nostri visi, dei nostri cervelli, delle nostre volontà. Siamo cose.

Dobbiamo, per cui, porci una domanda: era davvero necessario celebrare le bellezze architettoniche di una città e un'iniziativa benefica attraverso immagini di corpi femminili nudi? Le ragazze sono bellissime e le foto non volgari, e certo nessuno ritiene le fanciulle in questione oche o senza cervello per aver scelto di posare senza veli: ma dobbiamo domandarci se questa perenne disponibilità di seni, cosce e natiche non rischia di collocarsi in uno scenario oggettivo di donne identificate solo con il loro corpo, per il piacere di un pubblico soprattutto maschile. Se, scrivendo questo, verrò automaticamente tacciata come femminista in naftalina, e probabilmente come una ragazza rigida, bigotta e - commento che ricorre spesso - di aspetto sgradevole (alias cozza), ho intenzione di riderci sopra. Però vorrei sapere cosa ne pensate davvero, al di là di facili stereotipi e insulti. Io amo l'arte, la fotografia e chi osa; tuttavia amo di più il genere a cui appartengo e ritengo doveroso porsi certe domande, perché non possiamo ignorare che, di fatto, l'Italia non è un Paese per donne.