Nuda vita di Daniela Frascati

Creato il 17 ottobre 2012 da Nasreen @SognandoLeggend

È nata in Toscana, ad Abbadia San Salvatore (Si). Ha un figlio, una figlia e cinque gatti. Impegnata da anni nella politica, nel sindacatore, nel sociale, anche come organizzatrice di eventi culturali, ha ideato e condotto per Radio Città Futura (1996) una trasmissione dal titolo “Il Pane e le Rose” sulla cultura e il pensiero femminista.

Sito: http://www.eowynivey.com/index.shtml
Blog:
http://lettersfromalaska.wordpress.com/

Titolo: Nuda vita
Autore: Daniela Frascati
Edito da: Absolutely Free
Prezzo: 9,90 €
Genere: Romanzo, Narrativa
Pagine: 200 p.
Voto:

 

Trama: Delfina è una ragazza in coma a seguito di un incidente, chiusa in quello stato che i medici definiscono minimal responsive. Attorno a lei i personaggi che fanno parte della sua esistenza: la madre, donna ingombrante e perfezionista; un padre lontano, mite e un po’ egoista; un fidanzato inconsistente che nasconde una colpa terribile; la fisioterapista; le amiche. Una girandola di amici e parenti che si affolla sul guscio apparentemente vuoto della protagonista e, nel bene e nel male, porta avanti la sua vita. Eppure ognuno di loro è prima di tutto a se stesso che parla, mettendo a nudo le meschinerie e le paure che stanno a fondamento di ogni relazione, in una rappresentazione della normalità che sconfina pericolosamente con il suo opposto, quella sottile e banale follia del quotidiano in cui è immersa la nostra vita. Fuori Delfina, un succedersi di storie e di colpi di scena. Dentro, l’inquieto vaneggiare di Delfina in attesa del risveglio. Ma se fosse proprio lei a non voler aprire gli occhi?

Recensione
di Akikorossella

Nuda vita di Daniela Frascati è un libricino di dimensioni minuscole, pubblicato da una casa editrice di recente costituzione.

Il romanzo, molto breve ma intenso, avrebbe delle grandi potenzialità.

La storia tratta di una ragazza, Delfina, che si ritrova in coma a causa di un incidente stradale. Attorno al suo capezzale, oltre al personale sanitario, si raccolgono amici e parenti, ma soprattutto la madre.

Quindi la trama di per sé sarebbe ottima. I problemi però sono molteplici e riguardano sia lo stile che la costruzione della storia.

Innanzitutto il POV è diviso tra i pensieri di Delfina e quello del narratore, con utilizzo del discorso indiretto libero. La parte della protagonista risulta troppo pesante e complessa per essere credibile, dato che si tratta di una ventiquattrenne in coma. Potrebbe funzionare se si usasse un linguaggio meno “aulico”, oppure se le parti attribuite a Defilna fossero frutto del pensiero di un personaggio più maturo e consapevole.

Poichè il pensiero è consapevolezza, e la consapevolezza è essenza devo nutrire il mio vuoto di pensieri. [...] Una dimensione sconosciuta si è aggiunta all’essere qui e ora, allo scarto temporale del prima e del dopo, alla segmentazione dell’indietro e dell’avanti. [...] Nella vastità di questo buio, parole vibranti ondeggiano come pura energia.

La parte della madre invece è credibile, ben tratteggiata, ma presenta troppi errori grammaticali e un fastidioso utilizzo del “As you know, Bob…“, come nella parte in cui riassume la vita del fratello in maniera minuziosa, parlando da sola ad alta voce, cosa che nessuno farebbe mai, a meno di non intrattenere una conversazione con qualcuno che non conosce nulla della sua famiglia (non è questo il caso).

In generale i personaggi tendono a parlare al lettore anziché tra di loro o a se stessi, infilando informazioni che loro conoscono benissimo e che non hanno alcun motivo di ripetere, se non per informare il lettore. Non risulta credibile che il padre (o lo zio) di Delfina le racconti certi episodi del passato che lei stessa deve già sapere da anni, come il fatto che se ne sia andato via di casa quasi subito e che si sia separato dalla moglie molti anni dopo. I dialoghi sono perciò, il più delle volte, inverosimili. Per esempio, le due amiche, che appaiono una sola volta nel libro, parlano di episodi passati ripetendoli interamente e raccontandoseli a vicenda. Oppure lo zio racconta che sua sorella è diventata titolare di uno studio di un commercialista: che bisogno c’è di dirlo alla nipote, che ci vive insieme e quindi lo sa benissimo? Tutti continuano a ripetere che la paziente è “minimal responsive“, e la fisioterapista le descrive la sua storia clinica punto per punto, come se Delfina non la stesse vivendo in prima persona e non sapesse già cosa succede al suo corpo.

Ma la cosa che infastidisce di più durante la lettura sono le virgole piazzate nei posti più errati, come tra soggetto e verbo o tra verbo e complemento oggetto:

Non lascerò, a chi ha provocato questa sciagura di proseguire per la sua strada (p. 129)

Delfina, non sta dormendo (p. 147)

Il letto, ha le rotelle (p. 148)

Mia sorella, non ha niente a che vedere con le donne (p. 149)

Lei, aveva imparato (p. 154)

Io, farei di tutto (p. 156)

Delfina, diventava (p. 163)

e, autorizzava, lei, sua madre (p. 164)

Tutti coloro che avevano potuto alzarsi dal letto, erano sulla porta (p. 165)

Anche l’introduzione dei singoli personaggi nella trama non va bene, perché è “buttata lì” con il solo fine di essere funzionale agli scopi dell’autore, senza bilanciamento con la naturalezza della storia: sembra che in quella clinica privata chiunque possa entrare nelle stanze private dei malati, senza conseguenze di alcun tipo.

Infine l’episodio del finale è totalmente fuori da ogni logica e lascia il lettore a bocca asciutta: viene da chiedersi che senso aveva leggere tutte le vicende e le litigate di quella famiglia, se poi non si danno soluzioni finali. Delfina si sveglia dopo solo due mesi (alla faccia del minimal responsive), e, vestita da sposa e piena di nastro adesivo sulla schiena, non si accorge di trovarsi in un ospedale, ma pensa bene di andare dalla vicina di stanza, riuscendo a camminare con pochissime difficoltà, e la butta giù dalla finestra senza troppi problemi. Non viene detto più niente né del matrimonio né della reazione dei personaggi al risveglio improvviso. Il libro si chiude così, né più né meno.


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