Esistono notti diverse dalle altre, in cui la fatica a prendere sonno diventa gioia nel rimanere svegli. E ascolti, con ogni singolo frammento del tuo apparato uditivo, ogni vibrazione, ogni sussurro e flebile alito di vento. Come un segugio tendo le orecchie e le note annacquate dalla notte sono più forti di qualsiasi sinfonia abbia mai sentito. Apro la finestra per fare entrare il profumo del Kouglof che cuoce nel forno; il canto impastato dall'alcol di un uomo che passa in bicicletta suonando il campanello; l'aria pungente autunnale, ricca di conclusioni, di punti, di periodi da cominciate con la lettera maiuscola.
Mi sdraio sul divano di una casa a metà, mi vesto solo delle luci della strada. Il mio corpo leggero sussulta col freddo umido di foglie cadute; gialle, ocra, sospese a metà dalla pioggerellina fine di una notte uggiosa. Voci acute e melodiose di ragazzi e ragazze dopo il divertimento, risate che si mescolano, si sovrappongono, diventano musica, sottofondo dei miei pensieri, tela sulla quale disegnare a mano libera sensazioni, curve emotive, riflessi d'amore. Rimango sospesa tra il freddo ed il buio, con gli occhi chiusi sogno i boschi a pochi chilometri da me, una fanciulla in abiti medioevali, un cavallo ed un corvo. Un quadro preraffaellita. Sono solo dieci minuti di sonno, mi stringo nelle spalle, mi alzo scalza, lo scricchiolio del pavimento sotto al mio peso. Un corpo vissuto, che è servito, che è diventato spesso strumento, per me. Chiudo la finestra e il filo diretto col fuori si arresta in un istante. Rimango io, da sola con i miei brividi. Cerco una coperta, mi avvolgono e piango scrivendo un post su un blog che è un diario emotivo, con un cellulare che è la mia porta, senza rileggerlo, senza corredarlo di fotografie.
E rimango, finalmente, nuda.