E dire che si era laureato in Medicina e aveva due specializzazioni, l’ultima delle quali – Cardiochirurgia infantile – conseguita in una delle più prestigiose Università americane. Quasi a volersi rifugiare nella Scienza, per sfuggire a quelle che noi chiameremmo doti para-normali, e di cui lui proprio non voleva si parlasse, in famiglia e nel piccolo paese del Sud dove era tornato per esercitare come medico condotto.
Eppure, succedeva: a volte era tale quel susseguirsi di premonizioni e precognizioni, da svegliarlo di soprassalto. Allora si alzava e dipingeva, o componeva alla chitarra, o armeggiava in garage. Tutta la notte, fino a quando non cadeva in un sonno profondo che nessuno aveva il coraggio d’interrompere. Ma erano guai, in casa: le lampadine si fulminavano, le sedie si ribaltavano, gli oggetti impazziti vorticavano su se stessi. E le figlie – le uniche a rivelarlo – scappavano a dormire altrove, inizialmente terrorizzate, poi rassegnate.
Il Dottore era mio zio, cugino di mia madre. Probabilmente un medium. E sarà perché ho ereditato da lui la stessa paura per quei fenomeni oscuri e inesplicabili, non ho mai indagato sulle singolari coincidenze che hanno costellato la mia vita da quando ero bambina.
Dall’adolescenza alla maturità, succedeva che regolarmente sognassi un uomo: sempre lo stesso.
Prima di un’interrogazione importante, di un esame, e ogni qualvolta avessi dovuto superare una prova particolarmente impegnativa. Al risveglio, sapevo con certezza assoluta che tutto sarebbe andato per il meglio: il ripetersi negli anni di quella straordinaria coincidenza mi aveva insegnato che quell’incontro onirico sarebbe stato propiziatorio. Eppure non era un angelo, o così almeno ho sempre creduto, quel signore con sciarpa e cappello che mi arrivava in sogno proprio come sui giornali. No, non lo era affatto, anche perché per un certo tempo se ne parlò come di una specie di diavolo : i suoi film erano all’indice, scandalosi per la censura.
Quell’uomo era Fellini.
Adoravo i suoi film, lo amavo, certo, e tuttora lo considero il più grande, il più inarrivabile dei registi al mondo. Per questo e mille altre ragioni – non ultima la mia totale inesperienza – mai avrei pensato che qualcuno, un giorno, mi avrebbe spedito a Cinecittà per fargli un’intervista. Eppure, accadde: sul set del suo ultimo film, feci quella che sarebbe stata la prima intervista della mia vita. Senza essere giornalista, senza essermi mai occupata di cinema prima d’ allora. Oggi faccio l’una e l’altra cosa: singolare coincidenza.
Lo avevo letto con passione, e ne avevo parlato con tale ardore che in molti me lo avevano chiesto in prestito, fino a quando non mi è stato più restituito. Allora l’ho cercato nelle librerie, senza troppa convinzione. Invano. E infine me ne sono dimenticata. Ma anche i libri, come diceva Fellini per i film, sanno cercarti.. E a volte ti trovano. A me è successo l’altra sera, alla Festa di Cronache Letterarie. Scambi di saluti, baci, parole, idee, ma soprattutto scambi di libri, quelli che ci sono piaciuti di più, quelli che hanno inciso nel cuore e nella mente. Avevo appena lasciato che la mia copia trovasse un nuovo lettore quando, tra Un buio oltre la siepe e un Madame Bovary mi è apparso LUI, il mio finora introvabile libro: pieno di orecchie, tutto sottolineato, quindi studiato, vissuto e probabilmente molto amato. Il titolo? Nulla succede per caso. Le coincidenze che cambiano la nostra vita.
PS: Perché non mi si consideri una pazza mitomane, chiedo il conforto della sconosciuta Patrizia, donatrice del libro, affinché testimoni l’assoluta veridicità di quanto ho scritto e di quanto vorrei che la sua dedica presagisse: “Per te che pescherai questo libro: lasciati guidare dalle coincidenze e sii aperto a coglierle. Buona fortuna! ”…