La fotografia è secondo me la messa a punto di una espressione visiva in una lotta col tempo. una espressione basata sul piacere di osservare e la capacità di cogliere un istante decisivo.
La mostra personale mi sembra il mezzo più diretto per fare capire e giudicare al pubblico un'opera, inserendola in una prospettiva.
Le riviste danno certamente al fotografo l'occasione di raggiungere un grande pubblico, ma soltanto nei limiti dei loro dettami editoriali e della loro impaginazione; se le parole sono quelle del fotografo, le frasi appartengono alla rivista.
I libri di fotografia sono costretti a ridurre le immagini in un formato leggibile, talvolta in miniatura.
Quanto alle mostre collettive, disperdono l'attenzione in un ventaglio di stili e tendono a diventare delle collettive campionarie, oppure illustrazioni di un tema in lingue diverse, piuttosto che l'esplorazione intima dell'opera individuale.
Si può giudicare un pittore, credo, affidandosi a un numero limitato di dipinti; la sua volontà, il suo stile sono evidenti come altrettanti elementi della sua pittura, completamente impregnata della sua personalità.
Il fotografo, per la natura stessa dei suoi strumenti, dipende maggiormente dal mondo che lo circonda. Forse la nostra forza deriva proprio da tale limite. E' attraverso l'effetto cumulativo dei lavori di un fotografo, piuttosto che da qualche esito isolato, che si può misurare l'estensione delle sue capacità nell'esprimere un atteggiamento, un punto di vista, o addirittura una posizione etica.
Solo una personale offre al pubblico la possibilità di giudicare se tali scopi sono stati raggiunti oppure no.
Henri Cartier-Bresson,
"One Man Shows Are Best", Infinity,
American Society of Magazine Photographers,
dicembre, 1959