Numeri

Creato il 07 agosto 2015 da Pedroelrey

Ras­se­gna di cifre e dati note­voli che forse vi siete persi, letti durante la set­ti­mana appena tra­scorsa su media, gior­na­li­smo, inter­net e inno­va­zione digitale

13

È il numero di gior­na­li­sti che svol­ge­vano il loro lavoro nello stato di Vera­cruz in Mes­sico uccisi da quando, come riporta il Guar­dian, il gover­na­tore Javier Duarte è salito al potere nel 2011. La vit­tima più recente è il foto­re­por­ter Rubén Espi­nosa Becer­ril, 31 anni, che lavo­rava per l’agenzia di stampa Cuar­to­scuro e il set­ti­ma­nale di gior­na­li­smo inve­sti­ga­tivo Pro­ceso. Il suo corpo è stato tro­vato venerdì 31 luglio assieme a quello di altre quat­tro per­sone (tra cui l’attivista Nadia Vera) in un appar­ta­mento di Città del Mes­sico. Le vit­time ave­vano evi­denti segni di tor­tura. Secondo il Com­mit­tee to Pro­tect Jour­na­lists, circa il 90% degli omi­cidi di gior­na­li­sti in Mes­sico dal 1992 sono rima­sti impu­niti. Negli ultimi 15 anni, scrive il Fatto Quo­ti­diano, in Mes­sico 25 gior­na­li­sti sono desa­pa­re­ci­dos e 103 sono stati uccisi. Nel solo primo seme­stre del 2015 le aggres­sioni con­tro la stampa sono aumen­tate di quasi il 40% rispetto all’anno scorso. Ogni 26 ore viene aggre­dito un gior­na­li­sta e, secondo Arti­cle 19, la mag­gior parte degli attac­chi non pro­ven­gono dal cri­mine orga­niz­zato, ma dalle auto­rità. Solo il 10% delle denunce arri­vano davanti a un giu­dice, e solo due casi sono stati risolti con una sen­tenza. I gior­na­li­sti a Vera­cruz che rac­con­tano la verità ven­gono mas­sa­crati. L’80% dei gior­na­li­sti nello stato sono stati coop­tati; il restante 20% di noi sono a rischio di fare il nostro lavoro, ha dichia­rato al Guar­dian Felix Már­quez, 27 anni, gior­na­li­sta e col­lega di Espinosa.

2 milioni

Sono secondo quanto ripor­tato da For­tune le per­sone impie­gate dal governo cinese per moni­to­rare l’attività sul web. In par­ti­co­lare – scrive il perio­dico ame­ri­cano – il mini­stero cinese della Pub­blica sicu­rezza ha comu­ni­cato in una nota uffi­ciale la volontà di inten­si­fi­care que­sto con­trollo con un’unità di “agenti per la sicu­rezza della rete” inte­ra­mente dedi­cata a moni­to­rare l’attività delle aziende su inter­net e nel web per reati quali frode e “dif­fu­sione di voci” (sprea­ding of rumors). Secondo il Wall Street Jour­nal non è chiaro se l’attività degli net­work secu­rity offi­cers si limi­terà alle sole imprese locali di tec­no­lo­gia o se invece sarà estesa anche a quelle inter­na­zio­nali. C’è da dire che comun­que tra le tech com­pany cinesi tro­viamo giganti come Ali­baba, Ten­cent (mes­sag­gi­stica) e Baidu (search-engine). Pro­prio Ali­baba è stata la prima a dichia­rare uffi­cial­mente, per mezzo di un inter­vento rila­sciato a Tech­Crunch, di voler col­la­bo­rare con le auto­rità cinesi. La Cina rap­pre­senta oggi il più grande bacino di utenti al mondo della Rete. Per la pre­ci­sione, al momento di scri­vere, secondo il sito Inter­net Live Stats gli utenti cinesi sono 641.601.070: il 21,97% degli utenti web del globo. Circa 18.930 sono invece i siti web bloc­cati dalle auto­rità di Pechino in que­stianni, una lista dove tro­viamo tra gli altri: Twit­ter, Face­book, Gmail, il New York Times, You­Tube e Instagram.

93 milioni

È in dol­lari (in ster­line sono 60 milioni, quasi 86 milioni invece in euro) il risul­tato ope­ra­tivo rea­liz­zato nel 2015 dall’Economist Group l’editore del cele­bre set­ti­ma­nale (l’anno finan­zia­rio in UK si chiude il 31 marzo). Lo scrive il New York Times in un arti­colo dove fa un bel pro­filo del perio­dico bri­tan­nico alla vigi­lia della pos­si­bile ces­sione della quota di pro­prietà dell’editore Pear­son (circa il 50%). La dif­fu­sione del set­ti­ma­nale, scrive ancora il NYT, ha rag­giunto nel 2015 1,6 milioni di copie nel 2006 erano circa 1 milione. Leg­gendo il bilan­cio dell’Economist Group (che è una società pri­vata ma ogni pri­ma­vera pub­blica comun­que, anche online, i pro­pri bilanci pur non essendo obbli­gata a farlo) vediamo che il fat­tu­rato del 2015 è di 328 milioni di ster­line, in leg­gera fles­sione ma estre­ma­mente costante visto che la varia­zione nelle ultime cin­que annua­lità è minima: –5% rispetto al 2011. Impos­si­bile non notare come – a dif­fe­renza dei mag­giori gruppi edi­to­riali ita­liani (ne abbiamo letti un bel po’ in que­sti anni) – nei bilanci ven­gano ripor­tati molto chia­ra­mente anche i com­pensi sia del board che del mana­ge­ment: ad esem­pio per John Elkan nel 2015 ven­gono ripor­tate in bilan­cio 1.190.000 ster­line in Bene­fi­cial hol­dings. Det­ta­gli? No, que­stione di stile.

600 milioni

Sono in dol­lari gli inve­sti­menti pub­bli­ci­tari che a Face­book si aspet­tano ven­gano gene­rati da Insta­gram per il 2015. In par­ti­co­lare, scrive Digi­day, le recenti modi­fi­che alle API rese pub­bli­che anche a terze parti come le piat­ta­forme di ser­vizi Sale­sforce e Brand Net­work potreb­bero por­tare Insta­gram nei pros­simi due anni a supe­rare sia Twit­ter che Goo­gle nel mer­cato Usa delle display ads su mobile. Una ricerca eMar­ke­ter infatti pre­vede che Insta­gram nel 2017 in que­sto set­tore rac­co­glierà inve­sti­menti per 2,81 miliardi di dol­lari. Insomma oltre ai sel­fie c’è qual­cosa di più. (Domanda: viste que­ste cifre a quanti il miliardo di dol­lari speso da Zuc­kem­berg nel 2012 per acqui­stare la app sem­bra ancora oggi un’esagerazione?).

1 milione

È la quota di abbo­nati paganti ai soli con­te­nuti digi­tali che il New York Times ha rag­giunto e supe­rato il 30 luglio scorso. È la prima volta che la testata supera il milione di paid only digi­tal sub­scri­ver lo ha annun­ciato la stesso edi­tore del NYT in un comu­ni­cato uffi­ciale. La pie­tra miliare per il gruppo viene rag­giunta a 4 anni e mezzo dall’adozione del pay­wall che molti dubbi aveva susci­tato al suo lan­cio. Il milione di abbo­nati al solo digi­tale si aggiun­gono agli utenti che hanno scelto l’opzione stampa-e-digitale che sono ad oggi 1,1 milioni.

1824

È l’anno di fon­da­zione del Cor­riere Mer­can­tile, quo­ti­diano sto­rico pub­bli­cato a Genova che lo scorso 27 luglio ha man­dato in edi­cola il suo ultimo numero. La testata infatti dopo 190 anni ha chiuso le pro­prie pub­bli­ca­zioni: 15 gior­na­li­sti, 2 foto­grafi, 3 poli­gra­fici e 2 ammi­ni­stra­tivi restano senza lavoro. Lo ricorda Lsdi in un arti­colo nel quale Nicola Tran­fa­glia riper­corre la pro­pria espe­rienza al quotidiano.

imma­gine via Flickr (pub­bli­cata da Fabio Bruna con licenza Crea­tive Com­mons)


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :