Numeri

Creato il 21 agosto 2015 da Pedroelrey

Ras­se­gna di cifre e dati note­voli che forse vi siete persi, rac­colti durante la set­ti­mana appena tra­scorsa su media, web e inno­va­zione digitale

644

È il coef­fi­ciente rela­tivo al gap retri­bu­tivo in McDonald’s rela­tivo al diva­rio tra il com­penso annuo del pro­prio ceo e quello di un impie­gato medio dell’azienda. Ovvero, per dirla ancora più sem­pli­ce­mente, per fare la busta paga di Donald Thomp­son (7,29 milioni di dol­lari) a capo dell’esecutivo della mul­ti­na­zio­nale del chee­se­bur­ger è neces­sa­rio met­tere assieme quelle di 644 suoi dipen­denti medi. La clas­si­fica delle aziende con gap retri­bu­tivo più alto è stata rea­liz­zata da Bloom­berg: McDonald’s è sal­da­mente in testa visto che al secondo posto — discre­ta­mente distan­ziata — tro­viamo Com­mu­nity Health System con un coef­fi­ciente di 414 e poi scor­rendo le varie posi­zioni: Union Paci­fic 262, JP Mor­gan Chase 222 e infine, ultima delle 11 aziende prese in con­si­de­ra­zione, HCA Hol­dings con un coef­fi­ciente di “solo” 198.
La gra­dua­to­ria non è stata fatta casual­mente: la Secu­ri­ties and Exchange Com­mis­sion (l’ente fede­rale ame­ri­cano ana­logo alla nostra Con­sob) ha varato una norma che obbliga le public com­pany ame­ri­cane a ren­dere noto ogni anno il pro­prio coef­fi­ciente di gap retri­bu­tivo. Diva­rio che in que­sti anni è aumen­tato note­vol­mente: l’Eco­no­mic Policy Insti­tute sostiene che se nel 1978 media­mente un ammi­ni­stra­tore dele­gato gua­da­gnava 30 volte di più di un suo dipen­dente nel 2014 ne gua­da­gna 300 volte di più. Anche se la norma voluta dalla com­mis­sione fede­rale lascia una certa discre­zio­na­lità nel cal­co­lare lo sti­pen­dio medio dei dipen­denti è sicu­ra­mente un’arma impor­tante per chi si batte da anni negli Stati Uniti per ridurre que­sto diva­rio. Tempi duri per i mega diret­tori galat­tici dovranno, forse, rinun­ciare alla pol­trona in pelle umana?

735

È il numero di per­sone (al momento di scri­vere que­sto arti­colo) uccise dalle forze dell’ordine ame­ri­cane dall’inizio dell’anno secondo The Coun­te­ded il nuovo pro­getto edi­to­riale rea­liz­zato dalla reda­zione ame­ri­cana del Guar­dian. Il por­tale è un data­base inte­rat­tivo aggior­nato anche gra­zie alle segna­la­zioni dei let­tori (anche attra­verso piat­ta­forme che garan­ti­scono l’anonimato), che comun­que sono veri­fi­cate e appro­fon­dite dai gior­na­li­sti della reda­zione. Il pro­getto nasce dopo le pole­mi­che seguite all’uccisione del 18enne Michael Brown a Fer­gu­son in Mis­souri e, soprat­tutto, dal fatto che il Governo degli Stati Uniti non pos­siede dati com­pleti sule per­sone uccise dalla poli­zia. Pro­prio que­sta man­canza è stata fonte di forte pole­mi­che in Ame­rica ed ha fatto deci­dere il Guar­dian di costruire un data­base su que­sto argo­mento. I dati sono leg­gi­bili su diversi livelli ad esem­pio con schede per ogni per­sona uccisa e spe­ci­fi­che per ogni Stato.

40

In minuti è la durata della ses­sione media da mobile per utente regi­strata da You­Tube nel secondo tri­me­stre di quest’anno, un aumento anno su anno rispetto al mede­simo periodo di ben il 60%. Oggi la piat­ta­forma di con­di­vi­sione di video è valu­tata 70 miliardi di dol­lari ed ha 1 miliardo di utenti. Eppure scrive il Los Ange­les Times in un arti­colo molto inte­res­sante al di là di que­sti numeri c’è da chie­dersi quali siano oggi i reali mar­gini di cre­scita di You­Tube e quale sia il futuro della piat­ta­forma nella mezza rivo­lu­zione ope­rata nell’organizzazione a Moun­tain View con la crea­zione di Alpha­bet. Insomma in un momento di grande con­cor­renza da parte di altre piat­ta­forme (da Face­book a Vine) You­Tube è oggi arri­vata ad una dimen­sione troppo grande per con­ti­nuare a rin­no­varsi? Con­so­li­data la sua supre­ma­zia saprà tro­vare spa­zio per ulte­riori voci di pro­fitto o potrà solo stare a guar­dare l’avanzata dei suoi rivali? Non sem­bra una que­stione da poco visto che a Goo­gle i numeri rela­tivi ai mar­gini di cre­scita hanno un peso notevole.

4,16

In Mega­bit per secondo è la velo­cità di con­nes­sione media in Bel­gio, la più veloce in Europa. O meglio il valore medio più alto nei paesi euro­pei dove è attiva Net­flix. Sì per­ché l’azienda di video strea­ming ogni anno pub­blica l’ISP speed index in base alle pro­prie rile­va­zioni. In Europa die­tro al Bel­gio tro­viamo Lus­sem­burgo (4,12 Mbps), Sviz­zera (4,08 Mbps) e Paesi Bassi (4,03 Mbps). Guar­dando fuori Europa invece vediamo che lo speed index degli Usa è di 3,20 Mbps. Lo riporta Tom’s Hard­ware che spe­ci­fica anche che di medie mate­ma­ti­che si tratta e quindi “In alcuni paesi una media alta potrebbe essere cor­re­lata a pre­sta­zioni dif­fuse piut­to­sto alli­neate, men­tre in altri a forti pola­riz­za­zioni – pochi che vanno velo­cis­simi e molti che vanno piano”. L’indice di velo­cità redatto da Net­flix indica anche la velo­cità per sin­golo ope­ra­tore, evi­den­ziando quello che ha otte­nuto la velo­cità mag­giore e quella peg­giore. Ovvia­mente con lo sbarco in Ita­lia da otto­bre della piat­ta­forma anche noi pros­si­ma­mente avremo la pos­si­bi­lità di avere dispo­ni­bili tutti que­sti dati rela­tivi agli ope­ra­tori di casa nostra. E sarà molto inte­res­sante confrontarli.

16%

Tanto è aumen­tato il tempo tra­scorso sui media digi­tali da desk­top negli Stati Uniti da giu­gno 2013 a giu­gno 2015 secondo le rile­va­zioni di com­Score. Sem­bra quindi che il buon vec­chio desk­top dia ancora segnali di vita e sia tutt’altro che morto. Lo scrive il Wall Street Jour­nal che for­ni­sce altri dati: come ad esem­pio (stiamo par­lando sem­pre di tempo medio tra­scorso su media digi­tali) l’aumento del 90% da smart­phone negli ultimi due anni e quello da tablet in salita del 64%. Nel com­plesso la cre­scita di que­sto para­me­tro nell’ultimo bien­nio è del 49%. secondo il WSJ quindi i nuovi dispo­si­tivi non si stanno sosti­tuendo com­ple­ta­mente al desk­top come soste­nuto da molti, ma si aggiun­gono aumen­tando sen­si­bil­mente il tempo tra­scorso su media digi­tali. Nel frat­tempo gli inve­sti­menti pub­bli­ci­tari sul digi­tale sono aumen­tati (il periodo di rife­ri­mento e ancora il bien­nio 2013–2015) del 16% rag­giun­gendo la cifra di 49,5 miliardi di dollari.Imma­gine “Num­bers in Color” di Jasper Johns (particolare)

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