Nuova cultura. un think tank per il cavaliere

Creato il 11 marzo 2012 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

L’idea, l’ultima in ordine di tempo, sarebbe questa: una Fondazione per il Cav, uno strumento diverso dal partito, un mezzo, insomma, per intrecciare nuovi dialoghi con mondi antichi e nuovi. Per interconnettersi, direbbe qualcuno. O per fund rising, aggiungerebbero altri, non ignorando che le Fondazioni, in genere, si fanno proprio in funzione di fondi da raccogliere. O, anche, di manager da incontrare, coinvolgere, utilizzare. Solo fondi? Solo manager? Chissà cosa ha in testa il Cavaliere che, pure, non sembra aver rinunciato al suo nuovo, inedito lavoro che è quello non soltanto di essere il padre nobile di un grande partito ma, e forse soprattutto, il detentore della golden-share di un governo. Il cui Premier, peraltro, manda a dire che la sua maggioranza è debitrice assai al Cav. Che si vuole dalla vita, pardon, da un governo dei tecnici? Il punto vero, però, sta in quell’idea di cui ha vagheggiato “ll Giornale” nei giorni scorsi a proposito della Fondazione che frullerebbe per il capo del Cav. Il punto, cioè, che riguarda un grande deficit, un vuoto, una sorta di buco nero che Berlusconi ha lasciato crescere ignorando quello ampio e fondamentale della cultura. Si tratta, semmai, di una riflessione che da anni andiamo ruminando ma che oggi sta assumendo pregnante attualità proprio perché il governo tecnico ha cambiato completamente le carte in tavola, il clima politico, il modo stesso di rapportarsi al paese delle forze politiche. Se non tutte, per lo meno quelle di vocazione maggioritaria. Il fatto è che Mario Monti si muove in un quadro in cui l’opposizione vera e propria, lo scontro da questa suscitato e che abbiamo conosciuto in tanti lustri di bipolarismo muscolare, è finita, non c’è più: la Lega è quello che è, un partito geografico costretto a mostrare i pugni agli altri perché impegnata a darsi colpi bassi al suo interno. Abbaia ma non morde. Di Pietro da sottoprodotto del berlusconismo è costretto a reinventarsi tutti i giorni per sopravvivere senza più il suo vero referente-pungingball attualmente padre della patria, Vendola non sa più che frasi immaginifiche inventarsi, salvo che triangolarsi con un sindaco postolaurismo e giustizialista (a Napoli n.d.r. ) e di un altro primo cittadino barese, ex giudice che va molto sui media ma che, prima o poi, insieme a tutti gli altri, dovrà fare i conti con la Politica. Perché di questo infine si tratterà, della ricostituzione dei partiti dopo il fallimento del bipolarismo urlante, agevolata dal governo di super Mario in una sorta di noman’s land, una terra di nessuno, una specie di serra dove i volonterosi sono costretti a riproporsi in termini diversi nei confronti del Paese. Ma se nessuno infatti più permettersi il lusso di staccare la spina, meno che meno Berlusconi e Bersani, ecco che per la legge dell’inerzia, i due sono costretti ad andare d’accordo, soprattutto sulle leggi elettorali, le leggi, cioè, che danno loro l’identità di maggiori partiti, di referenti più legittimi della maggioranza della popolazione. E’ in questo quadro che va inserita l’idea di una think-tank, di un luogo, di uno spazio collettivo, di una fondazione culturale cui il Cav attinga per dare al Pdl una marcia in più. Ciò che ora conta e fa la differenza, è la ricerca costante e feconda di nuovi orizzonti per la politica, e per chi la fa. La pax montiana va utilizzata per dare risposte di alto profilo, per dimostrare di avere una visione del Paese, della sua storia, del suo futuro in questo mondo. Per aprirsi all’universo della cultura, per dialogare con chi ne sa di più. E’ il tempo di un altro inizio. Se non ora, quando?

Paolo Pillitteri



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