Cosa vuol dire non avere la forza di amare veramente? Ce lo spiega McQueen, tratteggiando con estrema lucidità un vortice, quello della dipendenza dal sesso, che spinge chi ne è affetto sempre più giù, verso la “vergogna” (la parola del titolo), rendendogli quasi impossibile la risalita. Costituita da masturbazione meccanica e sistematica, incessante fruizione di pornografia e selvaggi incontri con prostitute, tale caduta è graduale e inesorabile, sfociante in un senso di inadeguatezza e di vuoto interiore che impedisce a chi ne soffre di intraprendere normali relazioni.
Certo, sulle dipendenze molto è già stato detto (v. Giorni perduti di B. Wilder per l’alcol; per la droga la filmografia è sterminata), ma quello del sesso rimaneva un territorio poco esplorato. McQueen ci spiega tutto, proprio tutto, attraverso la perfetta costruzione delle scene (alcune memorabili), una sceneggiatura impeccabile (raro film con dialoghi misurati) e un ottimo rapporto musica/immagini (la colonna sonora è strepitosa).
Le immense prove di Fassbender e Mulligan, due veri antieroi postmoderni, aiutano il film a non scadere quasi mai nel retorico. I personaggi che interpretano sono infatti più che verosimili e caratterizzati da una rara umanità che fa risaltare problemi condivisi: entrambi non amano pur facendo regolarmente sesso; entrambi sono soli, lei per colpa di poca autostima, lui per colpa delle sue dipendenze.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, Shame non è il classico “pugno nello stomaco”. È, piuttosto, un’opera d’arte che tratta un tema delicato. Grazie agli attori e all’abilità registica il messaggio arriva ed è chiaro: si può avere difficoltà ad amare non solo perché ci si sente inadeguati, ma anche perché, pur essendo persone con tutte le carte in regola, ci si sente “sporchi”, soli, non meritevoli della gratuità di un sentimento. “Retorica”, penserete probabilmente voi. Invece, non c’è nulla di più vero. McQueen ha colpito nel segno.
Voto: 4,5/5
(Film visionato il 18 gennaio 2012)