Nuova Zelanda: i ghiacciai

Creato il 09 novembre 2015 da Patrickc

Lungo la West Coast, l’ultima tappa sono i ghiacciai Franz Josef e Fox

L’arrivo a Franz Josef Glacier dopo una giornata di guida è straniante e avvilente. Non credo sia sempre così, ma lo è per noi. L’abitato — un agglomerato di alberghi, negozi di souvenir e uffici di agenzie turistiche — è oppresso sotto cumuli di nuvole basse e gonfie che nascondono la vista delle famose montagne. Sembriamo sospesi nel nulla e per quello che sappiamo potremmo essere anche nel deserto. Nell’unica, desolata strada del Paese rimbomba il frastuono ritmato di elicotteri con i motori accesi, ma fermi a terra. Siamo venuti per vedere il ghiacciaio e magari farci un’escursione guidata con i ramponi: scopriamo presto che l’unico modo (guide e internet erano stati tutt’altro che chiari al riguardo) è farsi depositare in elicottero. Eli-hiking si chiama e non è esattamente il modo di camminare più sostenibile. Immagino che il suono del singolo elicottero che sentiamo ora sia niente rispetto alle scene da Apocalypse Now dei giorni di bel tempo in alta stagione quando il flusso di elicotteri diventa ininterrotto. Però ho sempre sognato, quando ero piccolo, di salire su un elicottero. E l’idea mi emoziona. Lo vorremmo fare, sempre che gli elicotteri si alzino. Perché gli uffici nei quali entriamo ci accolgono con un’apatia dovuta forse alla ripetizione delle stesse frasi per tutto il giorno: con questo tempo è difficile che gli elicotteri volino e che si facciano escursioni, ma non si sa mai.

A piedi al ghiacciaio Franz Josef

Verso il ghiacciao Franz Josef. La #nuovazelanda ti fa sentire piccolo Walking towards the Franz Josef glacier. #newzealand makes you feel small

Una foto pubblicata da Patrick Colgan (@colgan78) in data: 14 Set 2015 alle ore 00:09 PDT

Il tempo potrebbe ancora peggiorare, quindi visto che abbiamo un paio di ore decidiamo di andarci a piedi, al ghiacciaio: ci vuole circa un’ora e mezza dal parcheggio alla base. La valle morenica scavata dai ghiacci è spettacolare: la foresta pluviale, con palme e felci giganti lascia presto spazio a uno scenario alpino E già questa vicinanza e assurda, spiazzante. La roccia scura ai lati della valle sembra sia stata tagliata da un’enorme lama e le ombre delle nubi in movimento contribuiscono a rendere lo scenario vagamente infernale. Chissà, magari Peter Jackson ha considerato anche questi posti per ambientare Mordor nelle riprese del Signore degli Anelli prima di optare per il Tongariro national park. Temiamo di essere raggiunti dal buio prima di arrivare al ghiacciaio, così mi metto quasi a correre sul sentiero accidentato, come un bambino, per scoprire quanto manca, per arrivare per primo. Ma vengo bloccato prima del previsto. Il sentiero si ferma ad alcune centinaia di metri dalla base del ghiacciaio che negli ultimi anni si sta ritirando a vista d’occhio. Il gigante molti chilometri più corto di quando nel 1865 lo ‘scoprì’ (per modo di dire, visto che i Maori lo conoscevano da secoli) Julius Von Haast dedicandolo all’imperatore d’Austria. Sono deluso da questa biscia nerastra che compare fra le nebbie, ma resta un fenomeno eccezionale: dodici chilometri di lunghezza, con la base ad appena trecento metri di altitudine e a venti chilometri dal mare. La barriera però è molto lontana dal ghiaccio, sicuramente troppo: basterebbero poche decine di metri per metterci al riparo dal pericolo dei crolli.

Il ghiacciaio Franz Josef (foto di Patrick Colgan, 2015)

E così osservo il volto corrugato e grigiastro della parete di ghiaccio da lontano, ammantata di nubi. Joe Bennet, con cinismo, scrive in A Land of Two Halves che e “è esattamente come ti aspetteresti del ghiaccio vecchio”, ma che poi “puoi tornartene in albergo con la sensazione di aver fatto il tuo dovere di turista”. Non è vero, il ghiaccio in questo luogo ha qualcosa di magnetico e di tremendamente potente. Il fronte del ghiacciaio sembra il volto indecifrabile e stanco del vecchio che ha scavato questa valle nell’arco di migliaia di anni. E’ un volto che appare come sfuocato, solcato da profondissime rughe nelle quali svaniscono tutti i tratti che lo rendono riconoscibile. E racconta con una voce perfettamente udibile la storia di questo posto.    

Il ritiro del ghiacciaio

Due foto mostrano chiaramente che i ghiacciai della Nuova Zelanda stanno sparendo: si vede benissimo quanto il Franz Josef si è ritirato il ghiacciaio in pochi anni. C’entra il riscaldamento globale, ma non è il solo responsabile. Il ghiacciaio si sta ritirando dall’Ottocento, nonostante una ripresa negli anni ottanta. Le foto però mostrano in modo impressionante la velocità e l’entità della riduzione del ghiacciaio in tempi recenti.

Il ghiacciaio Franz Josef nel 2001 “Franz Josef glacier” by en:user:dramatic – en:Image:Franzjosef_glacier_3.JPG. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Commons.

Il ghiacciaio Franz Josef nel 20011 (e col bel tempo) “Franz josef Glacier LC0250” by Jörg Hempel. Licensed under CC BY-SA 3.0 de via Commons.

Il ghiacciaio Fox

Ci svegliamo di buon’ora. Odio essere in ansia per il tempo, odio le situazioni in cui sono messo sotto scacco dalla natura, è una situazione in cui non mi voglio trovare anche se ne accetto i verdetti con fatalismo. Per prima cosa vado alla finestra del nostro confortevole bungalow ai margini della foresta pluviale. Tutta la notte ha diluviato, ma le nuvole non si sono alleggerite, sono sempre uguali: il tempo è pessimo. Sia all’albergo che agli uffici ci dicono che no, non si faranno escursioni sul ghiacciaio, come se le nostre domande fossero un po’ sciocche. Così passiamo la mattina al centro di conservazione dei kiwi: c’è una grande sala buia in cui è possibile, dopo aver abituato gli occhi all’oscurità, vedere questo stranissimo uccello notturno, molto simile a un mammifero (non vola, è senza piume, ma dotato di peluria, ed è l’unico con le narici sul becco. Depone uova grandi un terzo del suo corpo). Poi decidiamo di andare al ghiacciaio Fox, distante una ventina di chilometri. Lo scenario  è simile: nuvole grigie poco compatte, dalla consistenza vaporosa, pioggerella fine, visibilità ridotta con le montagne quasi completamente oscurate. Tiriamo dritto quando incrociamo le agenzie di viaggi e proseguiamo sconfortati per il parcheggio del ghiacciaio. Nell’arco di pochi chilometri il cielo sembra aprirsi leggermente, raggi di sole filtrano fra le nubi e qua e là si vedono anche chiazze di azzurro. Dopo pochi passi sul sentiero udiamo però un rumore conosciuto e vediamo sopra di noi un elicottero che ci supera costeggiando il fianco delle montagne prima di infilarsi in un pertugio fra le cime che circondano il ghiacciaio e le nuvole. Sembra entrare nel wormhole di Interstellar. Resistiamo alla tentazione di tornare di corsa in paese per provare fare l’agognato heli-hike, magari è solo un sopralluogo pensiamo. E invece per mezz’ora buona gli elicotteri fanno la spola sopra le nostre teste, invadendo il panorama, i pensieri e facendomi sentire anche un po’ uno stupido per aver perso l’occasione di volare sulla montagna. Ci pensa il ghiacciaio a restituirmi un po’ serenità, a sollevarmi il morale a farmi dimenticare queste preoccupazioni un po’ infantili. Qui ci si può avvicinare di più a questa pesante coperta bianca adagiata sulla roccia: si può sentire il suo respiro gelido, la si può vedere arrampicarsi a spirale sul fianco della montagna. Il tempo passa, gli elicotteri continuano a volare, intanto, ma quasi non mi importa più.

  Fox Glacier, #newzealand   Una foto pubblicata da Patrick Colgan (@colgan78) in data: 15 Set 2015 alle ore 11:22 PDT

Il ghiacciaio Fox, in bianco e nero (foto di Patrick Colgan, 2015)

Torniamo in paese che è passato mezzogiorno e chiediamo in agenzia senza troppa convinzione se sono in programma altre escursioni. La risposta è no, avremmo dovuto chiedere la mattina, ci dicono: hanno vari gruppi sul ghiacciaio. Anche se Franz Josef e Fox sono vicinissimi, il meteo può essere molto diverso, spiegano. Ci sentiamo un po’ sciocchi, ma è una lezione che abbiamo imparato: mai arrendersi al primo no, mai rinunciare a fare una domanda.

Per farmi venire un po’ di rabbia e vedere chi è riuscito ad andare sul ghiaccio sfoglio le foto su Instagram e sotto l’hashtag #foxGlacier vedo un po’ di gente che ha camminato come me, un po’ di immagini che non c’entrano, ma anche sfilze di foto tutte uguali, di gente che se la spassa sul ghiaccio, oggi come nelle settimane prima: quasi non cambiano nemmeno le espressioni, stesse pose, stessi selfie. Posti bellissimi, mi viene un po’ di rabbia, ma non mi sento come se avessi perso qualcosa di irripetibile.

Stunning image of @helloemilie from inside Fox Glacier in New Zealand.

Una foto pubblicata da Frosch Travel (@froschtravel) in data: 5 Nov 2015 alle ore 13:52 PST

La sera a Franz Josef


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