3 serie tv per 3 recensioni. Cosa volete di più in un post solo? 4 recensioni???
Vinyl
Cose che ci sono nella nuova serie tv Vinyl: una colonna sonora curata da Mick Jagger – sì, quello dei Rolling Stones – che a ogni singola puntata è una vera e propria lezione di Storia della Musica, un'ambientazione lavorativa che sembra l'aggiornamento anni '70 di Mad Men spostata dall'ambito pubblicitario a quello discografico, l'apparizione in versione fiction di artisti e gruppi veri come – giusto per dire quelli comparsi nella prime puntate – Led Zeppelin, Velvet Underground, Alice Cooper e New York Dolls, nuove canzoni originali che sembrano uscite anch'esse dagli anni '70 e invece no, le origini del punk-rock se non altro di quello newyorkese, il protagonista Bobby Cannavale che si fa di coca SEMPRE e non sto parlando di Coca-Cola, Juno Temple, Juno Temple nuda, Olivia Wilde vestita (per adesso), situazioni e dialoghi pulp da far invidia a Quentin Tarantino, un episodio pilota che è una bomba totale fatta esplodere da Martin Scorsese mentre le puntate successive sono giusto un filo sotto d'altra parte mica tutti sono Martin Scorsese ma sono comunque pur sempre delle discrete figate di puntate, una sigla figosa, uno stile che sembra un incrocio tra Mad Men e The Wolf of Wall Street con dentro un sacco ma proprio un sacco di musica spettacolare e quindi che cazzo posso chiedere di più ad un'unica serie?
Cose che non ci sono nella nuova serie tv Vinyl: vampiri, licantropi, mutaforme, zombie, supereroi, alieni, elfi, hobbit, draghi, musica di merda.
Giudizio sulla nuova serie tv Vinyl: Fuck yeah! (voto 8+/10)
American Crime Story
American. Crime. Story. La prima parola tra le tre ad attirare l'attenzione è Crime. American Crime Story nasce come una specie di spin-off di American Horror Story, con appunto la parola Crime a fare da differenza, è incentrata su casi di cronaca vera ed è prodotta dall'immancabile e (quasi) sempre geniale Ryan Murphy. La prima stagione ci riporta negli anni '90 con uno dei casi di (doppio) omicidio più clamorosi e discussi degli ultimi decenni: l'assassinio di Nicole Brown Simpson e del suo amante dei quali è stato accusato il popolare giocatore di football americano e attore O.J. Simpson. Il Crime quindi c'è, eccome se c'è, ma non è l'unico elemento presente. Non è nemmeno il principale. Questa non è una serie alla CSI. Questo non è un thriller tradizionale.
La cosa più importante di American Crime Story è l'American Story. Attraverso questa prima stagione intitolata “The People v. O. J. Simpson” ci vengono mostrate tutte le contraddizioni degli Stati Uniti d'America: i contrasti razziali, la fascinazione o meglio il culto assoluto della celebrità, un sistema giuridico che apparentemente più democratico non ci potrebbe essere, ma in cui in realtà la Giustizia è giusta fino a un certo punto.
La prima stagione di American Crime Story è incentrata su O.J. Simpson, eppure è anche altro, molto altro. Lui è il protagonista del primo episodio, mentre dopo diventa quasi un semplice comprimario. Si chiude quindi un occhio sulla discutibile scelta di far interpretare O.J. da Cuba Gooding Jr., attore che ha inspiegabilmente ottenuto un premio Oscar per la parte sempre di un giocatore di football in Jerry Maguire e che qui conferma tutti i suoi limiti recitativi. D'altra parte per un attore pessimo come O.J. Simpson – basta vederlo in Una pallottola spuntata – prendere un Denzel Washington non sarebbe forse stata la soluzione più adatta.
"Cuba Gooding Jr., lei come attore fa pena."
"E chi lo dice, Pensieri Cannibali?"
"No, la macchina della verità."
Cuba Gooding Jr. a parte, fanno invece un figurone Sarah Paulson, aficionada delle produzioni di Ryan Murphy, un John Travolta a suo modo esilarante, un grande Courtney B. Vance nei panni dell'a suo modo geniale avvocato Johnnie Cochran e un riesumato David Schwimmer live from Friends che interpreta Robert Kardashian. Sì... in questa serie ci sono pure i Kardashian! Perché questa non è solo una vicenda Crime, e pure una delle vicende Crime più incredibili, assurde e ricche di colpi di scena di sempre. È anche e soprattutto storia americana recente. American Pop Story. (voto 8/10)
Outsiders
Volete il nuovo Sons of Anarchy? Ecco a voi il nuovo Sons of Anarchy. O, almeno, qualcosa del genere. Questa volta niente motociclisti tamarri. Questa volta in giro c'è di molto peggio, o di molto meglio, a seconda dei punti di vista. I protagonisti di Outsiders sono dei bifolchi analfabeti – e non è un modo di dire – dalla forte attitudine criminale, che si accoppiano tra di loro nonostante siano tutti imparentati l'uno con l'altro, hanno un linguaggio e delle espressioni tipiche e vivono sul cucuzzolo di una montagna, isolati e indipendenti dal resto del mondo. Almeno fino a che una multinazionale non vuole sfrattarli per sfruttare le risorse naturali della suddetta montagna. Nasce così uno scontro di civilità che soprattutto nel pilot è parecchio esplosivo, mentre negli episodi successivi diminuisce un po' la sua carica. Forse allora è ancora un po' prematuro definirlo il vero erede di Sons of Anarchy, però le buone premesse ci sono eccome. Nel cast c'è pure quel capellone di Ryan Hurst, meglio conosciuto come Opie di SoA, e i protagonisti non vanno in giro in Harley-Davidson, ma in compenso hanno dei quad quasi altrettanto fighi. E allora: ged-gedyah! (voto 7+/10)