A quanto pare sono vecchia.
Vecchia nel senso che ormai una alla mia età dovrebbe avere un posto fisso con uno stipendio stipendiatamente stipendiato e un futuro assicurato, e la stragista dovrebbe averla fatta probabilmente quando era in pancia della mamma. Mica ora a ventisei anni.
Vecchia nel senso che oggi parlavo via Skype, perché il suo inglese parlato "no good", come ha detto lui, con il nuovo stagista, tetesco di Germania. Anni 19. Classe 1992. No, dico: 1992.
Lui era li con pannolino e latte mentre io nel 1992 già venivo a conoscenza delle difficoltà tra la relazione maschi e femmine, tirando i pugni ai bambini che mi piacevano al catechismo.
E insomma, io e tetesco eravamo li per li per avere questa conversazione sul da farsi appena arrivati a Londra, quando lui mi chiede: "Quanti anni hai?" E io, me tapina, rispondo: "Eh, un po' più di te. Ne ho 26."
E lui, dall'alto dei sui 19 anni tedeschi biondi di Germania con calzetto bianco sotto al sandalo, mi dice: "Beh, ma SEI ANCORA GIOVANE. Li porti bene."
Capite, voi, io i miei ventisei anni li porto bene. Gioitene tutti.
E allora mi chiedevo, dopo essermi sentita dare della vecchia che però porta bene i suoi anni: ma da quand'è che una a ventisei anni diventa l'equivalente della mia bisnonna? Da quand'è che la vita sembra finita a ventisei anni e non si può cambiare, scegliere, fare, perché una ha VENTISEI\VENTISETTE anni?
Ma soprattutto: da quand'è che uno ti chiede l'età e tu rispondi "26" poi quello ti dice "Ehhh"?
Ehhh cosa?
"Eh, quando io avevo la tua età ero già a capo delle blablablabla. E facevo blablablablba. E andavo blablabla. E poi alla fine blablabla. E a ventisei anni devi blablabla. E poi hai necessità che blablabla. E poi se vuoi blablabla..."
"Scusa. Ma tu, no, quanti anni hai?"
"29."
"Ehhh. 29, e hai fatto tutte queste cose e alla mia età blabla. Allora tra qualche anno, geriatria. Ti vengo a trovare e ti porto pure le prugne cotte. Che ti fan bene all'intestino. Che sai com'è, alla tua età, ehhh."
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