Nuovo studio: i cristiani sono più felici anche su Twitter

Creato il 30 giugno 2013 da Uccronline

La letteratura scientifica, come abbiamo mostrato in questa pagina, evidenzia senza eccezioni che l’uomo che appartiene al grande abbraccio del cristianesimo vive anche una vita qualitativamente migliore.

Arriva oggi ad aggiungersi uno studio pubblicato su “Social Psychological & Personality Science” attraverso il quale gli psicologi dell’Universita’ dell’Illinois (Usa) hanno analizzato quasi 2 milioni di messaggi di testo (tweets) postati su Twitter, rilevando che i cristiani usano parole più positive e un minor numero di termini negativi rispetto ai non credenti, un minore uso nel pensiero analitico (cioè meno parole come “perché” e “penso che”) ma un più frequente uso di parole sociali, correlate a parole che indicano emozioni positive.

«Gli atei hanno usato uno stile di pensiero più analitico nei loro tweets, che alla lunga può rendere le persone meno felici», ha spiegato Ryan Ritter, uno dei ricercatori. Mentre Will Gervais, psicologo dell’Università del Kentucky ha spiegato qualche anno fa: «Sia il ragionamento analitico che quello intuitivo sono strumenti utili. Ognuno può pensare in modo intuitivo e analitico, e nessuno dice che il sistema intuitivo è sbagliato e quello analitico è giusto». «Se le persone religiose sono davvero più felici delle persone non religiose, le differenze nei rapporti sociali e nello stile di pensiero possono aiutare a spiegare perché», hanno commentato gli studiosi di questo nuovo studio. I risultati sono in linea con altri studi che collegano i maggiori livelli di connessione sociale di maggiore benessere

Blaise Pascal avanzava questa scommessa: «Se Dio esiste, si ottiene la salvezza. Se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere». Questo assunto filosofico sembra oggi continuamente confermato dagli studi sulla psicologia del benessere. E’ evidente che la letizia e la pace che contraddistinguono una vita autenticamente cristiana non vanno però scambiati con la causa della fede, ma sono solo uno dei suoi tanti effetti. Altrimenti avrebbero ragione coloro che parlano della religione come un effetto placebo, incappando appunto in una fallacia argomentativa (confusione tra causa ed effetto).

La dott.ssa Maria Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta, ha in ogni caso evidenziato proprio su UCCR i motivi per cui i benefici della fede sulla psicologia umana vanno completamente distinti dalle pratiche suggestive e ipnotiche e dell’effetto placebo.

Ne approfittiamo per segnalare il profilo UCCR su Twitter.

La redazione