Le statistiche mostrano che sempre più bambini nascono da coppie conviventi e trascorrono molto tempo in presenza di un adulto estraneo alla famiglia, che ad un certo punto si inserisce nella loro infanzia, spesso dopo che la coppia di genitori originaria si è sciolta. La ricerca dimostra anche che le coppie conviventi hanno il doppio delle probabilità di dividersi delle coppie sposate. Inoltre, i genitori conviventi hanno più probabilità di dover affrontare problemi emotivi e sociali, come l’abuso di droga, depressione, abbandono della scuola superiore, abusi fisici e sessuali, e povertà, con i loro figli rispetto a quelli di famiglie sposate.
Il Dr. W. Bradford Wilcox dell’University della Virginia e autore principale dello studio ha osservato che “l’instabilità familiare per i bambini è in aumento. Questo sembra in parte essere dovuto al fatto che le coppie sono conviventi e quindi molto instabili». Ha continuato: «C’è un modello bi-familiare che emerge nella vita americana. I giovani più istruiti, benestanti godono di una famiglia stabile e relativamente forte. Tutti gli altri hanno più probabilità di vivere in una coppia convivente, instabile».
Lo psicologo John Gottman, tra i massimi esperti statunitensi di relazioni matrimoniali, professore emerito di psicologia all’Università di Washington e co-autore del rapporto nazionale “Marriage Project”, ha dichiarato che tale instabilità ha un notevole impatto negativo sui bambini, il quale si nota nell’esternalizzazione dei disturbi, cioè più aggressività, che a livelo interno, cioè più in depressione. I figli delle coppie conviventi sono più a rischio rispetto a quelli delle coppie sposate».