Lunedì 28 Giugno 2010 09:17
Numerosi stati americani stanno investendo nell'energia da biomasse legnose, perché usando per l'energia è comunemente ritenuto essere "carbon neutral" e, quindi, buon per mitigare i cambiamenti climatici. Lo studio condotto in Massachusetts, basandosi su un computo globale del ciclo di vita del carbonio, rivela un quadro più complesso di quanto si presumesse.
A differenza dei combustibili fossili, le foreste possono ricrescere e tornare a sequestrare di CO2 dall'atmosfera, pagando in questo modo il debito di carbonico.
I tempi necessarii per saldare il debito di carbonio e riportare in positivo il saldo, possono variare ampiamente, da cinque anni a diversi decenni. Il periodo di tempo dipende da una complessa interazione tra fattori diversi: il tipo di energia da biomassa generata (elettricità, calore o produzione combinata di calore ed elettricità), il combustibile fossile rimpiazzato dall'utilizzo delle biomasse (carbone, petrolio o gas naturale), e la capacità di ricrescita del bosco, e la sua rapidità nel recuperare la biomassa asportata.
Ad esempio, una centrale elettrica che si utilizza biomassa creata abbattendo interi alberi da foreste naturali nella regione del Massachusetts, richiederà almeno almeno 20 o 30 anni prima che che si possa partare di riduzione delle emissioni, mantre la biomassa forestale nel riscaldamento di edifici municipali o scuole, ha una maggiore efficienza, e può arrivare a un saldo positivo in 10-20 anni.
Inoltre è necessario tenere conto degli impatti sul suolo dei diversi tipi di gestione forestale. I boschi a rapida crescita (e ancor più le piantagioni di specie aliene come l'eucalipo, il pino e l'acacia) possono avere impatti di lungo periodo sulla qualità del suolo e sulle falde acquifere, che in alcune aree il ha portato ad una accelarazione del processo di desertificazione, e in molti altri casi a un peggioramento delle funzionalità del bosco, stressato da interventi incalzanti e da un eccessivo prelievo di nutrienti.