Nuraghe Palmavera, la capanna delle riunioni.

Creato il 29 marzo 2012 da Pierluigimontalbano

La Capanna delle Riunioni di Palmavera
di Alberto Moravetti , 2006

Lo scavo del nuraghe Palmavera ad opera del Taramelli costituisce di fatto la prima esplorazione di un nuraghe condotta con criteri scientifici, ovviamente riportati agli inizi del secolo. Infatti, non solo lo scavatore procede con metodo stratigrafico, distinguendo la successione dei livelli culturali (certamente doveva essere più articolato lo “strato primitivo” nuragico) lascia testimoni di controllo, descrive con accuratezza sia le architetture che i materiali rinvenuti, è attento alle associazioni, ma si preoccupa di acquisire dai materiali tutte le informazioni che altre scienze gli possono offrire. Fa analizzare, infatti, il metallo dal prof. Francesconi dell’Università di Cagliari e i resti di pasto raccolti dal prof. E. Giglio di Tos, professore di zoologia nella stessa università. I risultati riveleranno che fra i metalli vi era del rame puro e che i resti ossei e malacologici, raccolti con cura e in grande abbondanza, erano di cervo, di bue, di pecora, di capra, di cinghiale, di piccoli roditori (lepri e conigli).
Questa capanna, costruita a Sud-Ovest del bastione ed inclusa successivamente nel tracciato dell’antemurale, per le sue eccezionali dimensioni di pianta risulta l’ambiente di gran lunga più vasto dell’intero complesso, non solo quindi delle capanne ma anche delle camere a tholos del bastione.
Il diametro esterno misura m 11,75/11,50, mentre quello interno risulta di m 8,55/8,87. Lo spessore delle murature varia da m 1,20 a m 1,37, mentre l’altezza residua è di m 1,40/2,10, all’esterno, e m 1,50/2,10 nelle pareti interne.
Gli scavi del 1976 hanno restituito numerosi e significativi elementi culturali che confermano, fra l’altro, la sua destinazione pubblica, intuibile fino ad allora solo sulla base delle maggiori dimensioni di pianta: una nicchia ogivale, rialzata di m 0,45; un bancone-sedile che segue parzialmente il profilo circolare della capanna; una vasca o spazio quadrangolare delimitato da lastre ortostatiche; una base circolare con accanto una pietra tronco conica; un betilo-torre; un “incensiere”; un seggio-tronetto in arenaria. Si può ipotizzare che il Consiglio degli anziani al completo fosse in numero pari ai sedili e quindi di 43 persone. II seggio-tronetto era addossato alla parete del vano, all’altezza della nicchia, fra i sedili a parete e la “vasca” alla quale era unito da una piccola lastra che delimitava in questo modo uno spazio triangolare.

Una pietra in arenaria, ben lavorata, fungeva poi da zeppa, mentre anche il piano su cui poggiava era stato normalizzato “a corona” con piccole pietre. Il modellino di nuraghe fu scoperto nel livello inferiore dello strato di crollo, a contatto con il pavimento, in prossimità del presunto focolare e vicino alla pietra betilica. Giaceva, spaccato sotto il capitello ma in naturale posizione di caduta, con il fusto rovesciato sul piano di calpestio ed il tamburo terminale rialzato di m 0,15 perché poggiava su una frammentaria pietra di arenaria, risultata poi parte di un “incensiere”. Il pilastrino appariva più gravemente lesionato nella superficie investita dal crollo (alt. m 0,66; alt. fusto m 0,37; alt. Capitello m 0,21; diam. base m 0,51). Questo betilo-torre si inquadra nel diffuso “culto delle pietre” di età nuragica che sembra continuare una tradizione profondamente radicata nel pensiero religioso prenuragico. Nei betili-torre, invece, l’“essenza” divina si cala nella pietra che riproduce la dimora-fortezza della comunità che diviene, tramite il pilastrino-torre, anche la “casa del Dio”, difesa e tutelata, quindi, dalla sua presenza.
Un elemento di forma circolare, in arenaria e ben rifinito, con lieve cavità lenticolare al centro della faccia superiore, annerita dal fuoco, da interpretare, forse, come “incensiere” o braciere rituale e da mettere in relazione con il carattere civile e religioso dell’edificio, risultava spaccato in due parti.
Nel 1977, con il completo scavo della capanna e lo svuotamento del presunto focolare, si rinvenne “in situ”, perfettamente al centro del medesimo, calcinato dal fuoco e sotto uno spesso strato di cenere, fittili e resti di pasto, un troncone di pilastrino a sezione circolare e di forma troncoconica (alt. m 0,36; diam. 0,52/0,33), ma con il diametro maggiore in alto, a corrispondere quasi esattamente con quello di base (m 0,51) del betilo-torre rinvenuto l’anno precedente. Nessun dubbio, quindi, sulla pertinenza di questo pezzo al modellino di nuraghe già ritrovato, il quale viene così ad avere una altezza complessiva di circa 1 metro – la maggiore fra quelle note di sculture consimili – ed una forma troncoconica che nel terzo inferiore va rastremandosi proprio per essere inserito al centro del “focolare”, che di conseguenza, almeno in origine, altro non era che la base del pilastrino-torre.
Lo scavo ha infine accertato che quando venne costruita la Capanna delle Riunioni si dovettero demolire strutture abitative preesistenti che insistevano sull’area interessata dal nuovo e più importante edificio. Si normalizzò il terreno con piccole pietre e terra di riporto – fra questa vi erano anche vari frammenti fittili decorati “a pettine” – e quindi si procedette
a realizzare il piano pavimentale della “Curia” con un sottile strato di malta bianca ottenuta con il disfacimento della pietra calcarea.

Gli scavi hanno restituito copiosi materiali fittili, talora decorati a cerchielli, vaghi di ambra e di bronzo, tre bracciali in bronzo finemente incisi a spina-pesce, una lucerna del tipo “a cucchiaio” ed un’altra buccheroide “a barchetta” ornata a cerchielli. Analisi di idratazione dell’ossidiana effettuate dal prof. Joseph Michels della Pennsylvania State University, su un nucleo di ossidiana rinvenuto nella capanna, fra un sedile e la parete, ha fornito la seguente datazione: 898±123 a.C., una cronologia, questa, del tutto accettabile e coerente con i dati emersi nel corso dell’indagine. Infatti, al IX secolo a.C. sembrano indirizzare i materiali fittili con decorazione geometrica. Lo stretto legame formale fra il seggio di Palmavera e un modellino di sgabello bronzeo, di fattura nuragica, proveniente dalla nota tomba villanoviana di Cavalupo, – il corredo, conteneva fra l’altro ancora due bronzi sardi, è riferito alla seconda metà del IX a.C., – costituisce una prova importante per datare l’impianto dell’edificio. Infatti, dal momento che si deve presumere che la Capanna sia stata concepita con l’arredo legato alle sue funzioni pubbliche, la cronologia del seggio può essere indicativa dei tempi della sua costruzione.
Lo scavo, almeno negli strati di crollo indagati nel 1976-77, non ha restituito materiali di età storica o comunque più recenti della fine dell’VIII a.C. La vicenda storica di questa capanna sembra concludersi, quindi, verso la fine dell’VIlI a.C. a causa di un violento incendio che la distrusse e di cui restano vistose tracce di ceneri.

Immagini e testo tratti da: Il complesso nuragico di Palmavera, Moravetti, 2006

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :