Ebbene si, perché mettere al posto della malconcia e pentita (?) Charlotte Gainsbourg una figura maschile, allora si che avrebbe cambiato le cose, e di molto anche, limitando il progetto "Nymphomaniac" a provocatorio, poco utile e insopportabile. E invece no, c'è lei, il sesso femminile, e sotto esso c'è Lars von Trier, le sue paure, i suoi drammi, e i suoi complessi verso una controparte per la quale ancora nutre incomprensioni, ansie e dubbi. Ecco perciò come la sua nuova pellicola improvvisamente riesca a prendere corpo e senso e a diventare l'ennesima seduta terapeutica, non solo per dinamiche narrative, ma soprattutto mentali per il regista, il quale manifesta la sua inferiorità verso il sesso debole e si arrende ad esso identificandolo come dominante nonché, all'occorrenza, letale e distruttivo per l'uomo (inteso come maschio). Al di là delle polemiche legate al materiale esplicito (ma nulla di sconvolgente) e al titolo - che evoca, se non al porno, almeno all'erotico - allora "Nymphomaniac" è più che altro un'altro (bel) pezzo di percorso (quello cominciato con "Antichrist") che va ad incastrarsi nella filmografia di von Trier in maniera automatica e inevitabile, un processo che avanza, ceco, alla ricerca non tanto di risposte quanto di ulteriori interrogativi e di autocoscienza.
Promette la presenza di una morale inoltre, ci tiene ad esplicitarlo fin da subito, una morale che sarà comprensibile solo al termine della narrazione integrale, solo dopo aver concluso il cerchio legato al profilo della protagonista Joe e il suo scontro/perdono con lo spettatore giudicante Seligman affidato a Stellan Skarsgård. Nulla perciò al termine di "Nymphomaniac: Volume I" è destinato a risultare chiaro, ultimato o finito, a parte il sospetto che, salvo sorprese nel finale, ci spinge a pensare ad un'opera pensata e scritta da von Trier in forma quasi Dantesca, l'apice di una Divina Commedia concepita a immagine e somiglianza e scritta, appunto, "nel mezzo del cammin della sua vita...".
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