Succede ogni volta: appena un autore (sia pure controverso come von Trier) propone un lavoro che si discosta dall’ovvio, i critici cinematografici vanno in affanno e cominciano a scaricare sciocchezze. Facciamo anzitutto chiarezza: Nymphomaniac non è un film pornografico. Il sesso c’è, esplicito, ma pienamente giustificato in quanto parte integrante della narrazione, la cima di un albero che affonda le radici nel profondo della vita mentale. Pur con qualche libertà, von Trier descrive a tutti gli effetti una lunga e tormentata seduta psicoanalitica (Seligman è un intellettuale ebreo, non praticante sebbene profondamente intriso di quella cultura, erudito, profondo intenditore di libri e musica: vi ricorda qualcuno?). La sessualità è una struttura della mente: rappresenta la chiave d’accesso alla realtà interna di Joe ma la riflessione si fa subito più ampia, esistenziale e filosofica. Lo sguardo (luterano, non dimentichiamolo!) di von Trier si allarga ai temi del dolore, dei limiti umani, della morte, si apre alle verità più drammatiche dell’esistenza. Ed è proprio la coscienza di questa finitezza a rendere comprensivo e compassionevole il buon Seligman, capace di fornire a Joe uno spazio nella propria casa e nella mente. Non solo: la aiuta a ripensare i suoi pensieri arginando la loro forza distruttrice, arricchendoli di prospettive diverse e nuove.
Lars von Trier aveva (con ragione) previsto un unico film della durata di cinque ore e mezza, qualcuno per lui lo ha sforbiciato e rimontato in due “volumi”. Nymphomaniac non è però Kill Bill: la cesura, eseguita per ragioni meramente commerciali, appare posticcia e stizzisce poiché interrompe il complesso percorso di lavoro progettato dal regista.
Nymphomaniac - Volume 1, di Lars von Trier, con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Christian Slater (Dan, 2013, 110’). In programmazione al Greenwich1 di Torino.