Fino ad oggi rimaneva una cosa risaputa ma che restava nei vicoli e nelle strade di Napoli, rimaneva nei manifesti con quei volti che riempivano i muri scrostati del centro come della periferia. Ora non è più così. La tecnologia ha aperto i confini a questi personaggi del panorama musicale napoletano.
E’ di oggi l’ordinanza di custodia cautelare che ha messo le manette ai polsi a 41 affiliati al clan di Ercolano e che ha portato alla ribalta una canzone e un video musicale molto discutibile: “o’capoclan” di Nello Liberti .
Il testo parla della vita difficile di un capoclan, del rapporto con i suoi affiliati e dell’onore che si prova nell’essere ai suoi ordini. Una follia. Su Youtube il video è stato inizialmente oscurato e adesso è stato riproposto in formato esteso con tanto di citazione della legge sulla libertà d’espressione e alla fine la tipica scritta: ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. Ma tanto casuale non è: Il capoclan a cui fa riferimento la canzone e il relativo filmato è stato identificato in Vincenzo Oliviero, ucciso nel 2007 in un agguato di camorra; nel 2003, quando imperversava la faida tra i clan rivali Birra - Iacomino ed Ascione - Papale, Oliviero gestiva anche un'emittente abusiva, Radio Ercolano, di cui si serviva per comunicare con gli affiliati.
Le parole del testo lasciano allibiti: “I ragazzi stanno fuori ad attenderlo, nel frattempo sanno quello che devono fare se è arrivata la lettera del capo, la condanna per chi ha sbagliato”, da sottolineare che nel video tutto ciò è scandito da un passaggio di mano in mano di pizzini e pistole. La canzone risale al 2004 ed è un vero e proprio inno alle gesta del capo di un’organizzazione criminale e all’esaltazione di alcuni reati tipici della criminalità. Ma si poteva fare un video senza dei veri affiliati?
No, secondo la casa di produzione Trashopolis, infatti alcuni attori nella clip interpretavano la scorta del boss nello stesso modo in cui lo facevano nella realtà per Vincenzo Oliviero. Nell’ordinanza si legge: La tranquillità con cui costoro, alla luce del giorno e quasi fosse un lavoro, assistevano il capo del clan Birra si manifesta anche in comportamenti come quello di farsi riprendere in un filmato destinato ad essere riprodotto frequentemente dalle televisioni locali e ripreso finanche dai network nazionali. Costoro, in altri termini, hanno perso (o non l'hanno mai avuta) qualsiasi consapevolezza del disvalore delle loro condotte e, di conseguenza, hanno accettato di partecipare ad un video che, in sostanza, riproponeva la loro vita con assoluta normalità.
La cosa che lascia allibiti di questa vicenda è la sfrontatezza con cui il crimine si rende visibile. Con cui il crimine e la camorra nello specifico si lasciano toccare. Cercano di giustificare, cercano di rendere umano chi umano non è. Come se dietro quelle pistole, quelle condanne a morte che loro esaltano come atti dovuti nei confronti di chi sbaglia, non si nascondesse drammi, omicidi, orrori. Sottovalutare cose come queste è uno sbaglio enorme, è proprio da queste innocue quanto farneticanti ( e diciamolo…pure brutte) canzoni che questa piovra allunga i suoi tentacoli sull’ignoranza e su chi la detiene.
E l’ignoranza non ha numeri da sottovalutare, come non si può sottovalutare che certi fenomeni nascono per una mancanza di coscienza civile, una mancanza di Stato e di punti di riferimento. Se per il pane la camorra ha i forni abusivi per la musica ha questi personaggi degni di un circo Barnum di cattivo gusto. Chi, come noi, parla di quanto, come e perché venga mitizzato il crimine non può tacere questa vergogna, a costo di renderla ulteriormente visibile. Il silenzio, in questo caso, non è oro…è piombo
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