Un impero è un corpo di province accentrato in un’unica assemblea sovrana o in un unico sovrano d’asseblea, all’interno della cui estensione solo alcuni sono cittadini con pieni diritti, tutti gli altri sono sudditi sottoposti alle condizioni politiche ed economiche del conquistatore. Nel caso dell’UE manca la condizione fondamentale affinchè si possa parlare di impero, ovvero l’unicità di un governo politico di cui i vari governi nazionali sarebbero non membri ma rappresentanti. Il parlamento di Strasburgo non può espropriare i parlamenti nazionali del loro potere esecutivo, per ovviare a questo limite le cancellerie europee si servono della leva finanziaria per introdurre i loro uomini di fiducia nei governi nazionali e creare così direttori proconsolari (noi li chiamiamo ipocritamente “governi tecnici”) per orientare le decisioni economiche e politiche di una nazione in senso chiaramente filoeuropeo. In questo senso non solo diventa impossibile per un popolo sovrano vedere attuato il programma che lui ha scelto alle urne, ma diventa impossibile anche fare opzione di euroscetticismo o addirittura di antieuropeismo, come fa ad esempio la Lega, smarcandosi così dal giogo dei burocrati stranieri. E’ appena accaduto alla Grecia con Papademos e accadrà ora all’Italia con Monti, non le nazioni più fragili ma quelle meno legate alla catena della BCE serviranno da pasto per il Cerbero franco-tedesco, che ora in tempo di vacche magre deve fagocitare i concorrenti per poter sopravvivere. Il popolo islandese ha contrattaccato questra strategia con forza e infine ha vinto contro il Golia europeo, ma il popolo italiano ha storia e inclinazione differenti, non per viltà ma forse per assuefazione alla servitù non reagisce con orgoglio latino come ci si aspetterebbe, anzi alcuni stolti persino festeggiano la sostituzione di Berlusconi con un ragioniere di banca, ignari che per far quadrare i conti ogni tecnico sa che bisogna fare sacrifici umani al pantheon della finanza.