"O Novo Testamento de Jesus Cristo segundo Joao" di Joaquim Pinto e Nuno Leonel, è una di quelle esperienze incredibili che possono accadere solo in sala. Una voce legge il Vangelo secondo Giovanni raccontando macchie di luce in movimento che si disperdono dall'alba al tramonto. Il potere della parola (che fu in origine) apre il film ad immagini di una natura ancestrale, a dei controluce che sembrano indagare tremolanti, esitanti, vibranti, ogni elemento in campo. Figure indefinite che nascono dall'oscurità.
Il film di Pinto e Leonel è popolato da un'infinità di immagini che si disvelano soprattutto al momento della loro assenza, del loro nascondimento. Mettere in scena il Verbo significa, prima di tutto, svelare un mondo di immagini, che sono prodotte, sedotte, ipnotizzate nell'istante stesso in cui vengono a mancare.
Lo schermo diviene nero e non rimane altro che la parola. Immaginare una sala cinematografica completamente raccolta nell'oscurità, pronta a fissare una non-immagine (che è insieme l'immagine per eccellenza, lo schermo nero, la vocazione mentale) restituisce la dimensione di una visione cultuale e ipnotica, uno stato ipnagogico, di dormiveglia in cui il cinema comunica come voce nel buio.
Poi l'immagine ritorna. E così la figura umana. Per poi svanire di nuovo.
Straordinario proprio nel suo essere così radicalmente visivo.