Londra, Underworld.
“Sarà un bagno di sangue”. Quando Luca degli Zeus! mi dice questo nella sala concerti ancora semivuota, mi immagino gente accalcata e sudore. Mosh pit e scarpe perse.
Quattro band italiane – e un’aggiunta last minute inglese – potranno scatenare questo effetto all’Underworld a Camden, Londra, mecca della musica pesante a Londra?
“È un bagno di sangue. C’e un’espressione inglese equivalente?”, mi chiede Luca mentre batteria e chitarra degli Zolle pestano di brutto. It’s a bloodbath, mi viene da dire. Ma non mi sembra che raffiguri davvero il sottopalco dell’Underworld. Il pubblico latita: sarà che ancora è presto per gli orari italiani, ma non per quelli inglesi.
Quelli che ci sono, comunque, apprezzano davvero il delirio degli Zolle. E come potresti, se sei trascinato da un batterista che tra una martellata e l’altra salta sopra una batteria che sfoggia un curioso maialino disegnato sulla grancassa? E un chitarrista che per non essere da meno conclude il tiratissimo set con un “picnic”: tira fuori tovaglietta e piatti e con le posate si mette a suonarli con l’aiuto del pubblico, fino alla distruzione finale.
Scusa ma che significa è un bagno di sangue?
“Che c’è davvero poca gente. Che è vuoto”.
Luca è troppo pessimista: in realtà, se c’è un momento in cui la sala si riempie, è proprio quando suonano gli Zeus!. Un basso e una batteria da soli riescono a fare quel gioco musicale che ti avvolge e ti sommerge. La sala si riempie con la musica e con i fan, moltissimi gli italiani. Dopotutto se le statistiche sono corrette, nella capitale inglese siamo in duecentocinquantamila. Il “math rock” del duo è da brividi ogni volta che lo sento. Succede anche con i pezzi devastanti del nuovo disco, dal titolo impronunciabile MOTOMONOTONO, che finalmente posso sentire dal vivo.
Un cambio di palco e un cambio di pubblico. Cosa c’entrino gli 11Paranoias con il resto del bill rimane un mistero. Riffoni doom pesanti e lenti. Potrebbe essere musica da meditazione, più che da concerto.
Sono rimasti in pochi per gli headliner veri e propri, quelli che fanno da ponte tra Italia e Inghilterra. È tra metal, doom ma anche groove e jazz che sperimentano Eraldo Bernocchi, Lorenzo Esposito Fornasari, Colin Edwin dei Porcupine Tree e Jacopo Pierazzuoli dei Morkobot. Tra il pubblico c’è chi li aspettava da quasi un anno, da quando avevano suonato nello stesso locale e chi si diverte e si meraviglia dell’amalgama musicale degli Obake. Chi non c’è, non può capire cosa si è perso, ma lo saprà tra non molto, visto che gli Obake stanno concentrando le loro energie sulla produzione del nuovo album.
Ma è stato un bagno di sangue. Questa musica è davvero troppo sperimentale per le orecchie inglesi? E pensare che in Inghilterra è iniziato quasi tutto quello che ha influenzato le band di stasera. A Londra ora la musica è cambiata?