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Obama inaugura la sua seconda presidenza nel segno del progressismo

Creato il 29 gennaio 2013 da Pfg1971

Obama inaugura la sua seconda presidenza nel segno del progressismo

Obama inaugura la sua seconda presidenza nel segno del progressismo

Il 21 gennaio scorso, Barack Obama ha prestato il suo secondo giuramento da presidente e ha così iniziato il nuovo quadriennio della sua presidenza.

 

L’anno scorso, di questi tempi, molti non credevano che Obama potesse tornare a pronunciare un giuramento che solo altri 15 presidenti (su 44) prima di lui hanno recitato  due volte.

 

Il tasso di disoccupazione che non riusciva a schiodarsi dal  livello critico dell’8%, faceva ritenere a molti che il primo presidente afroamericano avrebbe seguito la stessa strada già percorsa da predecessori come James Earl Carter o più recentemente da George Bush sr.: essere un presidente da un solo mandato.

 

Sappiamo come sono andate le cose. Barack Obama è tornato davanti al Campidoglio per indirizzare al popolo americano il suo secondo discorso inaugurale e ci è riuscito assemblando una coalizione di sostenitori eterogenea e composita, ma in grado di rappresentare l’America non solo del presente ma del futuro.

 

Per Obama hanno votato in massa le donne, le minoranze nere, i giovani, i latinos e i rappresentanti della comunità gay.

 

Tutte componenti della società americana in notevole ascesa e, nel caso dei latinoamericani, destinati a diventare una potenza demografica, se è vero che, nel 2030, i bianchi saranno una minoranza della popolazione statunitense.

 

Naturalmente, avendo ricevuto il loro sostegno, Obama, nel suo discorso, non ha potuto fare a meno di interpretarne le loro istanze e necessità.

 

Ne è venuto fuori una allocuzione anomala. Di solito, i presidenti usano l’occasione inaugurale per affermare grandi principi programmatici, ma senza entrare nei dettagli: l’occasione per farlo sarà il successivo discorso sullo Stato dell’Unione che ogni inquilino della Casa Bianca pronuncia qualche settimana dopo l’”inaugural address”.

 

Così non è stato per Obama. Nei diciotto minuti in cui ha parlato alla nazione dai gradini del Congresso, il leader nero ha indicato una serie di priorità molto concrete che intende affrontare sin da subito.

 

Ne è uscito uno “speech” che molti commentatori hanno definito come il suo discorso più progressista e più liberal da quando è presidente.

 

In effetti le ragioni per sottoscrivere tale immagine ci sono tutte. Obama ha sostenuto, ad esempio, che non è più possibile permettere che gli Usa continuino ad essere una nazione in cui una minoranza di pochissimi vive molto bene, mentre la maggioranza dei cittadini versa in una condizione miserevole.

 

Ha poi paragonato la causa dei diritti dei gay (per la prima volta un presidente ha utilizzato questa parola in un discorso inaugurale) a quella dei neri, durante la lunga stagione delle lotte per i diritti civili.

 

Ha perorato la necessità di sostenere lo sviluppo di fonti di energia alternative per evitare che il “climate change”, il cambiamento climatico, assuma dimensioni drammatiche per il futuro dell’umanità, etc., etc..

 

Si è quindi trattato di un discorso coraggioso, in cui Obama ha voluto abbandonare gli abiti di colui che era giunto a Washington con la speranza di avviare una politica bipartisan, condivisa dai due maggiori partiti.

 

Dopo quattro anni di continuo ostruzionismo da parte degli avversari repubblicani, Obama ha deciso di mostrarsi per quello che è sempre stato: un politico progressista, attento alle esigenze delle minoranze e pronto a fare di tutto per tutelarle.

 

Del resto, è la sua ultima occasione. I prossimi quattro anni potrebbero diventare una epoca di grandi cambiamenti nella società americana.

 

Obama l’ha detto chiaramente, quando ha ripetuto più volte, nel suo discorso, “we must act”, dobbiamo agire.

 

Il suo obiettivo potrebbe essere di diventare davvero un “transformational president”, un presidente deciso a mutare l’assetto della società americana.

 

Proprio come un suo predecessore che Obama ha spesso preso a modello: Ronald Reagan.

 

Un uomo in grado di inaugurare una lunga epoca di conservatorismo nella politica americana che neanche Bill Clinton era riuscito a fermare.

 

Dalle parole del suo discorso, sembrerebbe che Obama sia intenzionato a imitare Reagan, differenziandosene per il segno della sua politica: progressista e liberal, quanto quella dell’ex attore di Hollywood è stata conservatrice e contro le minoranze.  


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