“Rifarsi una verginità”. Bossi non aveva fatto troppi giri di parole per palesare come opporsi al governo Monti sia per la Lega un’occasione per riposizionarsi nel nuovo quadro politico; ed ecco ricostituirsi subito il parlamento padano, a testimoniare che il Carroccio ha ancora una lugubre e perdurante vitalità e che anche per la Lega una pagina si chiude. Ma con quale discontinuità, in effetti?
Con il berlusconismo e il leghismo si è radicata un’idea plebiscitaria della democrazia, impoverita e svuotata di contenuti attraverso la riduzione al momento del consenso, svincolandone dunque completamente la definizione dal buon governo e dall’osservanza, da parte della maggioranza di governo, delle più elementari regole democratiche, come l’equilibrio dei poteri e la libertà ed indipendenza dell’informazione. Da questo punto di vista, Il post berlusconismo è tutt’altro che deberlusconizzato, tanto è profonda l’impronta lasciata da Silvio Berlusconi sulla società italiana non meno che sulla politica.
Non solo, il rischio concreto è che le misure d’urgenza restituiranno rapidamente terreno al populismo, o meglio ai populismi – a dire il vero, sta bastando già la loro semplice prospettiva; uno spazio che sarà sfruttato con miglior profitto proprio dagli stessi che hanno spalancato il baratro. Lega in testa. Sta già accadendo.
Il berlusconismo ha minato la democrazia, e non è certamente in un giorno che si potrà porre rimedio ai danni estesi che sono stati fatti. Il rischio non potrebbe essere più vitale: una volta che il recinto della democrazia è stato aperto, non è facile prevedere chi vi entrerà. È per questo – e non perché sia sostenuto da fantomatici complotti internazionali, né perché comporterebbe una sospensione della democrazia, come sento dire da più parti; ma per questo e solo per questo – che il governo Monti è pericoloso: perché non può fallire.
Che sia così, dovrebbe risultare chiaro almeno dal fatto che non sono in pochi in questo momento a guardare istintivamente al governo Monti negli stessi termini che la Lega esprime in tutta la sua trivialità: complotto della finanza internazionale, pregiudizio antieuropeista, e la fuorviante ma diffusa convinzione che un governo di salvezza nazionale equivalga, sic et simpliciter, ad una sospensione della democrazia - come se non fosse vero che il periodo della recente storia nazionale di più prolungata sospensione della democrazia è stato proprio il poco meno che ventennio berlusconiano. O poco più che quindicennio, come si vuole.
Attenzione a non sottovalutare ancora una volta il pericolo, troppo facile dire che la Lega delira, il dato è che in troppi punti il senso comune si avvicina pericolosamente all’estremismo leghista e quando il senso comune si avvicina all’estremismo è l’inizio dell’abisso che si spalanca sul buio della ragione.
Questo governo non può sbagliare, dovrà risanare i conti pubblici, ma quell'espressione che Monti non a caso ha voluto pronunciare subito, equità sociale, è davvero molto importante. Non dovrà essere solo una parola, i sacrifici saranno accettabili se saranno ripartiti in modo equo, altrimenti si farà un favore alla Lega non meno che a Grillo. Se poi l’espressione responsabilità nazionale ha un senso, dovrebbe significare che le forze politiche presentabili - a questo punto vale la pena di usare quest’aggettivo semplice e nudo – lavorino, certo da prospettive diverse, ma per restituire corpo e sostanza alla Costituzione, allo Stato di diritto, al rispetto delle regole e delle istituzioni.
La posta in gioco non è solo evitare la bancarotta di Stato, è salvare la democrazia.