Ode a Bonaparte liberatore

Creato il 09 luglio 2012 da Aquila1769
E' un Foscolo ardente patriota che vede in Napoleone l'eroe capace di tagliare i fili che tenevano legata l'Italia. Un' illusione, in perfetta sintonia con il pensiero del poeta. Napoleone non era giunto in Italia, per gli Italiani, ma per cominciare il proprio cammino personale di gloria, per rafforzare la sua posizione politica.
Il suo vero padrone in questo momento storico è il Direttorio, il suo scopo compiacere i potenti di Parigi.
Nella mente del grande Corso, ancora non è chiaro il disegno che lo porterà a essere Imperatore. Foscolo sbagliava a riporre simili speranze in Bonaparte, lui veniva a portare nuove idee, quelle che dopo anni porteranno all'unità d'Italia, ma non era il liberatore auspicato dal poeta.
Dove tu, diva, da l'antica e forte Dominatrice libera del mondo Felice a l'ombra di tue sacre penne, Dove fuggivi, quando ferreo pondo Di dittatoria tirannia le tenne Umìl la testa fra servaggio e morte? Te seguìr le risorte Ombre de' Bruti, ai secoli mostrando Alteramente il brando Del padre tinto e dei figliuol nel sangue; Te, o Libertà, se per le gelid'onde Del Danubio e del Reno Gisti fra genti indomite guerriere; Te se raccolse nel sanguineo seno Brittannia, e t'ascondea mortifer angue; Te se al furor di mercenarie spade De l'Oceàno da le ignote sponde T'invitàr meste, e del tuo nome altero Le americane libere contrade; O le batave fonti, O ti furo ricetto Coronati di gel gli elvezj monti; Or che del vero illuminar l'aspetto Non è delitto, or io te, diva, invoco: Scendi, e la lingua e il petto Mi snoda e 'infiamma di tuo santo foco.
Ma tu de l'alpi da l'aërie cime, Al rintronar di trombe e di timballi, Ausonia guati e giù piombi col volo Anelanti ti sieguono i cavalli Che Palla sferza, e sul latino suolo Marte furente orme di foco imprime: Odo canto sublime Di mille e mille che vittoria, o morte Da l'italiche porte Giuran brandendo la terribil asta; E guerrier veggo di fiorente alloro Cinto le bionde chiome Su cui purpuree tremolando vanno Candide azzurre piume; egli al tuo nome Suo brando snuda e abbatte, arde, devasta; Senno de' suoi corsier governa il morso, Ardir li 'ncalza, e de' marziali il coro Genj lo irraggia, e dietro lui si stanno In aer librate con perpetuo corso Sorte, Vittoria, e Fama. Or che fia dunque, o diva? Onde tal'ira? e qual fato te chiama A trar tant'armi da straniera riva Su questa un dì reina, or nuda e schiava Italia, ahi! solo al vituperio viva, Al vituperio che piangendo lava!
E depor le corone in Campidoglio, E i re in trionfo tributari e schiavi Roma già vide, e rovesciati i troni: Re-sacerdoti or con mentite chiavi Di oro ingordi e di sangue, altri Neroni, Grandeggiar mira in usurpato soglio: Siede a destra l'Orgoglio Cinto di stola, e ferri e nappi accoglie Sotto le ricche spoglie, Vendendo il cielo, ai popoli rapite; Sgabello al seggio fanno e fondamento Cataste di frementi Capi co gli occhi ne le trecce involti, E tepidi cadaveri innocenti, Cui sospiran nel fianco alte ferite Pel fulminar di pontificio labbro; E misti in pianto e in sangue, atro cemento, Calcati busti e cranj dissepolti Fanvi; e lo Inganno di tal soglio è fabbro: Quindi, al Solopossente La folgore strappata, Eran d'Orto terrore e d'Occidente, E si pascean di regni e di peccata. Non più: - Dio disse: e lor possa disparve; Pur ne l'Ausonia ancor egra e acciecata Passeggian truci le adorate larve.
Passeggian truci, e 'l diadema e il manto De' boreali Vandali ai nepoti Vestendo, al scettro sposano la croce; Onde il Tevere e l'Arno a te devoti, Libertà santa dea, cercan la foce Sdegnosamente in suon quasi di pianto; E la turrita Manto Offre scampo ai tiranni, e il bel Sebeto Irriga mansueto Le al Vesuvio soggette auree campagne E ricche aduna a usurpator le messi; Abbevera il Ticino Ungari armenti, e l'ospitali arene Non saluta il Panaro in suo cammino; T'ode gridar oltre le sue montagne La subalpina donna e l'elmo allaccia E s'alza e terge i rai nel duol dimessi, Ma le gravano il piè sardo catene, Onde ricade e copresi la faccia; E le a te care un giorno Città nettunie, or fatte Son di mille Dionisj empio soggiorno: Liguria avara contro sè combatte; E l'inerme leon prostrato avventa Ne' suoi le zampe e la coda dibatte E gli ammolliti abitator spaventa.
Deh! mira, come flagellata a terra Italia serva immobilmente giace Per disperazïon fatta secura: Or perchè turbi sua dolente pace, E furor matto e improvida paura Le movi intorno di rapace guerra? Piaghe immense rinserra Nel cor profondo; a che piagar suo petto, Forse d'invidia oggetto, Per chi suo gemer da lontan non sente? Ma tu, feroce Dea, non badi e passi, E a l'armi chiami, a l'armi, E al tuon de' bronzi e al fulminar tremendo E a l'ululo guerrier perdonsi i carmi. Cede Sabaudia, e in alto orribilmente Del tuo giovin, Campion splende la lancia; Tutto trema e si prostra anzi i suoi passi, E l'Aquila real fugge stridendo Ferita ne le penne e ne la pancia. Gallia intuona e diffonde Di Libertade il nome E mare e cielo Libertà risponde: L'Angel di morte per le imbelli chiome Squassa ed ostende coronata testa: Libertà! grida a le provincie dome, Del Re dei folli Re vendetta è questa.
Del Re dei Re! - Quindi tra il fumo e i lampi S'involve in sen di tempestosa nube, Che occupa e offusca di Germania il suolo; Donde precorsa da mavorzie tube Balda rivolge e minacciosa il volo L'Aquila, e ingombra di falangi i campi; E par che Italia avvampi Di foco e guerra, di ruina e morte: Nè spezzar sue ritorte Osa, nè armarsi del francese usbergo. Ma s'affaccia l'Eroe; sieguonlo i prodi Repubblicano in fronte Nome vantando con il sangue scritto; Ecco d'estinti e di feriti un monte, Ecco i schiavi aleman ch'offrono il tergo E la tricolorata alta bandiera In man del Duce che in feral conflitto Rampogna, incalza, invita, e in mille modi Passa e vola qual Dio di schiera in schiera: Pur dubbio è marte; ei dove Più de' cavalli l'ugna Nel sangue pesta, e sangue schizza e piove, E regna morte in più ostinata pugna Co' suoi si scaglia, e la fortuna sfida Guerriero invitto, e tra le fiamme pugna E vince; e Italia libertade grida.
E del Giove terren l'augel battuto Drizza a l'aere natìo tarpati i vanni E sotto il manto imperïal si cela: Ma il vincitor lo inceppa, e gli alemanni Colli che borea eternamente gela, Senton lo altero vertice premuto Dal Guerrier cui tributo Offre atterrita dal suo cenno e doma La pontificia Roma, Dal Guerrier che ad Esperia i lumi terge E falla ricca de' tuoi puri doni, O Libertà gran dea, E l'uom ritorna ne gli antichi dritti Che prepotente tirannia premea. A vetta a l'Aventin Cesare s'erge Tirannic'ombra rabbuffata e fera, E mira uscir di Libertà campioni Popoli dal suo ardir vinti e sconfitti, Ond'alza il brando, e cala la visiera ... Ombra esacranda! torna Sitibonda di soglio Ove lo stuol dei despoti soggiorna Oltre Acheronte a pascerti d'orgoglio: Eroe nel campo, di tiran corona In premio avesti, or altro eroe ritorna, Vien, vede, vince, e libertà ridona.
Italia, Italia, con eterei rai Su l'orizzonte tuo torna l'aurora Annunziatrice di perpetuo sole; Vedi come s'imporpora e s'indora Tuo ciel nebbioso, e par che si console De' sacri rami dove a l'ombra stai! I desolati lai Non odi più di vedove dolenti, Non orfani innocenti Che gridan pane ove non è chi 'l rompa: - Ve' ricomporsi i tuoi vulghi divisi Nel gran Popol che fea Prostrare i re col senno e col valore, Poi l'universo col suo fren reggea; Vedi la consolar guerriera pompa E gli annali e le leggi e i rostri e il nome! Come, non più del civil sangue intrisi, Vestonsi i campi di feconde messi E di spiche alla pace ornan le chiome! E come benedice Il cittadin villano, Tergendo il fronte, Libertà felice! Come dovizïanti a l'oceàno Fendon gl'immensi flutti onusti pini, Cui commercio stranier stende la mano Sin da gli americani ultimi fini!
Ma de l'Italia o voi genti future, Me vate udite cui divino infiamma Libero Genio e ardor santo del vero: Di Libertà la non mai spenta fiamma Rifulse in Grecia sin al dì che il nero Vapor non surse di passioni impure; E le mura secure Stettero, e l'armi del superbo Serse Dai liberi disperse Di civico valor fur monumento: Ambizïon da le dorate piume Sanguinosa le mani, E di argento libidine feroce, E molli studj, piacer folli e vani A libertà cangiar spoglia e costume. Itale genti, se Virtù suo scudo Su voi non stende, Libertà vi nuoce; Se patrio amor non vi arma d'ardimento, Non di compre falangi, il petto ignudo, E se furenti modi Dal pacifico tempio Voi non cacciate, e sacerdozie frodi, Sarete un dì a le età misero esempio: Vi guata e freme il regnator vicino De l'Istro, e anela a farne orrido scempio; E un sol Liberator dievvi il destino.

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