Ho degli amici splendidi, si sa. O meglio, io lo so. Persone uniche, per un anno, per una vita, accanto a me, di fianco, stretti, condivisi.
Ne parlo spesso tra queste righe, perché è giusto dar loro nome e valore.
Un amico si coltiva perché è simile ad una pianta e come una pianta ha le sue caratteristiche: una rosa con le sue spine non ama farsi toccare, una calla è delicata, il fiore del tronchetto della felicità fiorisce solo di notte. Occorre saperli capire e difendere, vivendoli, sebbene alle volte ci paiono comportamenti difficili perché diversi dai nostri.
Ma ove c’è l’amore, tutto si supera.
Mi sono trovata a parlare con un amico di odio e amore. Non temo i miei sentimenti, so anche questo, ma l’odio non mi è avvezzo, sebbene capiti che lo provi. Mi infastidisce, è un cappio che mi soffoca, un fardello che toglie il sonno, un esistere che si alimenta da sé verso il nulla.
Un nulla vuoto che genera nulla.
Eppure il mondo ne è pieno, zeppo, infarcito, e senza una vera matrice interna: si odia a prescindere, per partito preso, senza indagare, tentare di capire, solo giudicando. Si odia e non si dimentica.
Il mio amico, uno di quelli splendidi di cui ho detto, ha tentato, riuscendo in parte, a farmi capire che l’odio è un sentimento umano, che accade di provarlo, ma che se riconosciuto, si può allontanarlo. E vivere in una pacata serenità.
Capendo che l’altro, o la situazione, o il fatto, sono accessori della vita e che non ne vale la pena davvero. Ha usato il termine cristiano “Ama il prossimo tuo come te stesso” che in sé contiene il senso dell’esistenza: la persona a cui noi dovremmo essere grati, che dovremmo amare stimare sopra ogni cosa, siamo noi e se riusciamo ad amare gli altri con la nostra stessa intensità, abbiamo raggiunto lo scopo.
Eppure pare sempre più difficile combattere i demoni che ci assalgono…
Chiara