l'articolo originale
E stiamo qui a discutere di lodi o intercettazioni!…
Diciamoci la verità: quello che succede ai piani alti ci cambia la vita molto poco, quello che serve sono le leggi PER NOI!!
Dobbiamo essere aiutati, dobbiamo avere dei DIRITTI, dobbiamo avere la possibilità di puntare alla SERENITA’.
E se non ci pensa il governo a chiarire alcuni punti allora ci pensa la tanto bistrattata magistratura che, nel trovarsi a fronteggiare situazioni non ancora delimitate da un chiaro articolo di legge, è costretta ad affidarsi al BUONSENSO.
La notizia di oggi potrebbe sconvolgere l’Italia, potrebbe dare nuovo impulso alla produttività del nostro paese, potrebbe risolvere i problemi psicologici di una buona fetta della popolazione.
I giornali di regime e non provano la DISINFORMAZIONE relegando ad un trafiletto questo vero e proprio scoop che, se venisse a conoscenza delle masse, provocherebbe uno sconquasso di proporzioni gigantesche.
Insomma: cosa dice questa notizia?
Che un giudice ha stabilito che dire in faccia al proprio capo che a nostro giudizio “non capisce un cazzo” finalmente SI PUO’!!!!
Mi vedo già le file di persone di fronte agli uffici dei direttori. Mi vedo già le persone che escono PIU’ LEGGERE e SERENE da quegli uffici, mi vedo i “capi” finalmente con qualche dubbio sul loro operato…
Stai a vedere che risolviamo qualche problema!….
Dal TGCom del 23 Ottobre 2010. L’articolo è questo qui.
Ancora una sentenza che farà discutere. “Lei non capisce un c…”. Dirlo al datore di lavoro si può. Almeno per quanto deciso dal giudice di pace del Tribunale di Frosinone che si è appellato al “gergo comune” sdoganando quella che potrebbe essere considerata una frase ingiuriosa. E così infatti l’aveva interpretata il titolare di un’agenzia di sicurezza privata che, in un’animata discussione con un suo dipendente, si ritenne offeso.
In primo grado arrivò la condanna ma il legale del dipendente si appellò e ci fu l’annullamento per un vizio procedurale. Il processo fu rimesso così al giudice di pace. Non solo ma la difesa ha argomentato che quella frase, seppur colorita, non può più essere considerata reato perché “rientra nel gergo comune”.
E per avvalorare l’ipotesi difensiva l’avvocato si è appellato all’orientamento di circa due anni fa della Corte di Cassazione su un “vaffa….”, considerato non più reato. Così il giudice di Pace del Tribunale di Frosinone ha riconosciuto quella frase non ingiuriosa.