Misuratasi con tematiche diverse, l’autrice riesce sempre a regalare ai suoi libri un deciso spessore e diversi spunti di riflessione, pur creando delle storie che in primo luogo appassionano per intensità, avventura, mistero e, perché no, anche perché divertenti.
Spassose come l’ultimo suo romanzo recentemente pubblicato da Giunti: “Offesi Principessa”
Sovente alle bambine piace immedesimarsi con le principesse. Allora la letteratura per l’infanzia sforna quantitativi industriali di racconti che propongono nobili o regali protagoniste, le quali, però, finiscono spesso per accordarsi ai soliti cliché. Ed eccole quindi belle – più spesso bionde – vezzose, amabili, docili e con un solo obiettivo: sposare un bel principe ed accasarsi.
Per fortuna bravi autori si sono divertiti a rovesciare lo stereotipo della principessa per offrire a lettrici e lettori un modello di fanciulla più variegato, più propenso a diventare artefice del proprio destino, meno desideroso di farsi scegliere dal giovanotto di turno e più incline a scegliere la via più consona alla propria personalità.
Esattamente su questo filone si muove l’esperta penna di Lois Lowry, che è quella di una sapiente narratrice che è capace di giocare i suoi racconti su un ritmo impeccabile e di costruire personaggi gustosissimi, condendo il tutto con una buona dose d’ironia che sa sbeffeggiare il prepotente e il presuntuoso, esaltando la buona volontà e l’intelligenza.
Sempre con un occhio bonario, che è anche in grado di perdonare, di aggiustare, di vedere oltre qualche difetto per dare a tutti, anche a chi parrebbe non meritarsela, una seconda possibilità.
La principessa Patricia Priscilla si presenta esattamente come la più classica delle nobile fanciulle: annoiata e capricciosa. Tutta la servitù che dimora nei piani bassi pare essere al suo servizio: le basta suonare un campanello per ottenere in un attimo pasti completi per lei e per la sua altezzosa gatta Deliziosa.
Ma velocemente si capisce che la vita della ragazza è tutt’altro che rose e fiori. Un papà, il re, e una mamma, la regina, completamente assorbiti dai propri interessi, nessun compagno di gioco a parte la gatta e, soprattutto, un sedicesimo compleanno che si sta avvicinando con l’obbligo sventurato, e poco desiderato, di dover, in quella data, scegliere, tra tre pretendenti, il futuro marito.
La principessa non ha alcuna smania di sposarsi. Affacciandosi alla sua finestra osserva rapita i bambini del villaggio che si recano a scuola e che sembrano più allegri e, soprattutto, molto meno annoiati di lei.
E’ la sua cameriera Tess ad offrile involontariamente la possibilità di assecondare il suo desiderio. Uno scambio di abiti e il gioco è fatto.
Patricia, con il nome di Pat – ché l’autrice ci spiega in maniera esilarante che ai ricchi spetta portare appellativi altisonanti, lunghi, complicati, mentre alla povera gente toccano nomi corti, tre massimo quattro lettere, veloci e sbrigativi da pronunciare e tenere a mente – indossa gli stracci della domestica e se la svigna da palazzo, mentre l’altra, con su una regale vestaglia, se ne resta ben nascosta nella lussuosa stanza della padrona con tutta una libreria di romanzi meravigliosi cui attingere nel frattempo.
Gioia per Tess e gioia per la principessa, la quale si fa accettare nell’unica classe della piccola scuola del villaggio, dove un maestro giovane e grazioso, volenteroso e sensibile, ha appena preso servizio.
Ma per la sfortuna di Patricia Priscilla, i preparativi per la festa di compleanno, durante la quale verrà effettuata la scelta dello sposo, infervorano.
I pretendenti sono sgradevoli nell’aspetto quanto nel carattere. Provengono da regni dai nomi ripugnanti – Pustola, Coagulazia e Dispepsia – ed è difficile stabilire quale sia il peggiore: uno è talmente brutto da aver dovuto bandire dal regno tutti gli specchi per non correre il rischio di incappare nella sua immagine riflessa, uno è vanitoso e lugubre, e produce talmente tanta forfora da aver bisogno di un valletto che a tempo pieno lo spazzoli, l’ultimo ….sono due! Sì, due gemelli siamesi, attaccati all’altezza della vita che non fanno altro che litigare, prendersi a parolacce e produrre maleducati rumori corporei.
Una scelta impossibile; tanto più che, oltre ad una nascente simpatia per il bel maestro, nella mente della principessa sta prendendo forma un appassionato desiderio: studiare per diventare a sua volta insegnante.
Cosa accadrà al gran ricevimento per i sedici anni di Patricia Priscilla, al quale la fanciulla ha ottenuto di poter invitare non solo i nobili ma anche tutti gli abitanti del villaggio, maestro e compagni di classe compresi?
Tra equivoci, colpi di scena, rivelazioni e tanto humor la festa riserverà sorprese scoppiettanti sia per i protagonisti che per i lettori, palesando che non sempre il sogno di una principessa è convolare a giuste nozze, fossero anche quelle d’amore.
Un racconto brioso e coinvolgente, che si rifà ad un immaginario che potrebbe essere, d’istinto e in un primo momento, detto fiabesco. E sicuramente alcuni spunti da fiaba ci sono, a partire dai personaggi che sono, appunto, re, regine e principesse, con tanto di pretendenti alla nobile mano.
Ma trovo che la Lowry si ispiri anche al feuilleton, al romanzo d’appendice ottocentesco, con personaggi i cui destini si incrociano, fratelli che si ritrovano, equivoci, travestimenti, scambi e colpi di scena. C’è qualcosa che ricorda la Pitzorno di “Polissena del Porcello” e comunque, in generale, le eroine femminili della celebre autrice sarda, per nulla sprovvedute e piuttosto intraprendenti.
E’ anche presente il rovesciamento classico delle narrazioni di stampo popolare, che prevede per i poveri virtù come la furbizia, l’onestà, il talento, la bontà d’animo e la capacità d’impegnarsi. Al contrario, i ricchi sono ottusi, umorali, vanesi, capricciosi, sovente presuntuosi e poco intelligenti.
Il tutto è amplificato, per aumentare il livello di comicità in virtù anche del pubblico di destinazione (ragazzine e ragazzini dai nove anni circa). I personaggi risultano simili ad esilaranti caricature, improbabili ma molto spassosi. Come, ad esempio, la regina vanitosa ma sorda come una campana o il re indifferente a qualsiasi occupazione che non sia curare la sua collezione di farfalle rare, per non dimenticare il trio-quartetto di strambi e un poco inquietanti pretendenti.
Da sottolineare come l’autrice, senza alcuna posa didascalica, ponga molto in risalto l’importanza dello studio e dell’istruzione. Il tema amoroso, comunque presente, è sempre associato alla volontà di imparare o di insegnare, o di percorrere un percorso di formazione culturale.
Così la principessa anziché convolare a nozze col maestro, che pure le piace, preferisce seguire prima il suo sogno di diventare insegnante e la cameriera, invaghita del bel carrucolaio, decide per prima cosa di insegnare al suo innamorato a leggere, così che egli possa condividere i suoi romanzi preferiti.
(età consigliata: dai nove anni)
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