I parlamentari eletti erano espressione della stessa classe sociale e si distinguevano per gli interessi particolari che rappresentavano. Bisognerebbe leggere Gaetano Mosca e il suo “Teorica dei Governi Parlamentari” per capire fino in fondo questo dato. La crisi dei Governi non era dovuta a visioni politiche alternative ma al venir meno degli equilibri tra interessi particolari. Ad esempio, la Destra Storica perse la guida del Governo perché il gruppo dei parlamentari toscani, guidati dall’allora Sindaco di Firenze, non condivideva le scelte del Governo Minghetti in materia di politica ferroviaria aprendo la strada a De Pretis e con esso al Trasformismo politico. Per inciso anche allora il Sindaco di Firenze era molto sensibile agli interessi della speculazione finanziaria. I partiti politici, per come li abbiamo conosciuti, nascono come organizzazione politica degli esclusi. Non è un caso che i primi partiti a nascere sono stati il Socialista, il Repubblicano, il Radicale. Uno degli ultimi partiti ad essere stato fondato, pur avendo dominato la scena politica per oltre mezzo secolo, è proprio quello Liberale nel 1922. La Storia dicevo ci aiuta a capire i fatti di oggi. Ed oggi, se l’orizzonte politico è quello Liberale, i partiti politici organizzati e strutturati sono poco funzionali alla battaglia politica. Nell’opinione pubblica si tenta di far passare l’idea che l’unico partito rimasto sia il PD. Questa è una grandissima sciocchezza. Il PD, soprattutto il PdR ( Partito di Renzi), è un cartello elettorale, un coacervo di interessi plurimi spesso in conflitto tra di loro. Cartello elettorale che in questa fase, comunque, riesce a tenere insieme la più vasta area politica riproponendo paro, paro l’unico metodo politico che in Italia ha sempre funzionato e cioè il Trasformismo. Questa è l’unica pratica politica che si addice a una riedizione di sistema politico Liberale capace di garantire contestualmente un minimo di formalismo democratico. Sia chiaro il Trasformismo è una pratica molto comune anche fuori dall’Italia. Se questo è il dato, è inutile stare a rompersi la testa sul partito che non c’è. La vera questione è come aggregare all’interno del PD (PdR) un’area politica alternativa in grado di scalzare quella egemone. L’unico modo, a mio modesto parere, è organizzare l’area politica di appartenenza cercando di diventare punto di riferimento per interessi sociali plurimi perseguendo come metodo, più che la coerenza dell’azione politica, l’aggregazione su temi specifici capaci di far pressione sull’Esecutivo, sul Parlamento o sui Consigli Regionali, a seconda dei casi, per tradurli in atti politici, legislativi e amministrativi concreti. Rinunciare alla “coerenza” dell’azione politica non significa saltare da un tema all’altro secondo una logica opportunista, significa semplicemente che la pluralità delle istanze presenti in un sistema sociale fortemente diversificato richiede consensi variabili su ciascun tema. Il filo conduttore dell’azione culturale e politica non può che essere la Democrazia, ossia i valori propri di una Sinistra che si oppone a una destra Liberale e oligarchica. Non bisogna dimenticare che la Democrazia è di per se diversità e pluralismo. A differenza delle Politiche Liberali, l’azione politica Democratica deve avere come linee guida non l’accordo trasformista ma l’idea di portare a sintesi istanze sociali a volte in conflitto tra di loro ma pur sempre espressione del pluralismo proprio della Democrazia. I temi sui quali trovare sintesi in grado di incidere sul sistema politico Liberale sono tanti . Parafrasando Bobbio oggi abbiamo bisogno di una nuova “età dei diritti”, battaglia questa non da poco, considerato che le battaglie per la Democrazia sostanziale, per citare Carlo Lavagna, sono state battaglie per i diritti.
I parlamentari eletti erano espressione della stessa classe sociale e si distinguevano per gli interessi particolari che rappresentavano. Bisognerebbe leggere Gaetano Mosca e il suo “Teorica dei Governi Parlamentari” per capire fino in fondo questo dato. La crisi dei Governi non era dovuta a visioni politiche alternative ma al venir meno degli equilibri tra interessi particolari. Ad esempio, la Destra Storica perse la guida del Governo perché il gruppo dei parlamentari toscani, guidati dall’allora Sindaco di Firenze, non condivideva le scelte del Governo Minghetti in materia di politica ferroviaria aprendo la strada a De Pretis e con esso al Trasformismo politico. Per inciso anche allora il Sindaco di Firenze era molto sensibile agli interessi della speculazione finanziaria. I partiti politici, per come li abbiamo conosciuti, nascono come organizzazione politica degli esclusi. Non è un caso che i primi partiti a nascere sono stati il Socialista, il Repubblicano, il Radicale. Uno degli ultimi partiti ad essere stato fondato, pur avendo dominato la scena politica per oltre mezzo secolo, è proprio quello Liberale nel 1922. La Storia dicevo ci aiuta a capire i fatti di oggi. Ed oggi, se l’orizzonte politico è quello Liberale, i partiti politici organizzati e strutturati sono poco funzionali alla battaglia politica. Nell’opinione pubblica si tenta di far passare l’idea che l’unico partito rimasto sia il PD. Questa è una grandissima sciocchezza. Il PD, soprattutto il PdR ( Partito di Renzi), è un cartello elettorale, un coacervo di interessi plurimi spesso in conflitto tra di loro. Cartello elettorale che in questa fase, comunque, riesce a tenere insieme la più vasta area politica riproponendo paro, paro l’unico metodo politico che in Italia ha sempre funzionato e cioè il Trasformismo. Questa è l’unica pratica politica che si addice a una riedizione di sistema politico Liberale capace di garantire contestualmente un minimo di formalismo democratico. Sia chiaro il Trasformismo è una pratica molto comune anche fuori dall’Italia. Se questo è il dato, è inutile stare a rompersi la testa sul partito che non c’è. La vera questione è come aggregare all’interno del PD (PdR) un’area politica alternativa in grado di scalzare quella egemone. L’unico modo, a mio modesto parere, è organizzare l’area politica di appartenenza cercando di diventare punto di riferimento per interessi sociali plurimi perseguendo come metodo, più che la coerenza dell’azione politica, l’aggregazione su temi specifici capaci di far pressione sull’Esecutivo, sul Parlamento o sui Consigli Regionali, a seconda dei casi, per tradurli in atti politici, legislativi e amministrativi concreti. Rinunciare alla “coerenza” dell’azione politica non significa saltare da un tema all’altro secondo una logica opportunista, significa semplicemente che la pluralità delle istanze presenti in un sistema sociale fortemente diversificato richiede consensi variabili su ciascun tema. Il filo conduttore dell’azione culturale e politica non può che essere la Democrazia, ossia i valori propri di una Sinistra che si oppone a una destra Liberale e oligarchica. Non bisogna dimenticare che la Democrazia è di per se diversità e pluralismo. A differenza delle Politiche Liberali, l’azione politica Democratica deve avere come linee guida non l’accordo trasformista ma l’idea di portare a sintesi istanze sociali a volte in conflitto tra di loro ma pur sempre espressione del pluralismo proprio della Democrazia. I temi sui quali trovare sintesi in grado di incidere sul sistema politico Liberale sono tanti . Parafrasando Bobbio oggi abbiamo bisogno di una nuova “età dei diritti”, battaglia questa non da poco, considerato che le battaglie per la Democrazia sostanziale, per citare Carlo Lavagna, sono state battaglie per i diritti.
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