Oggi che è domenica, giorno in cui anche i poveretti una volta facevano un pò di festa, parliamo di economia:
John Kampfner, Storia dei ricchi, Feltrinelli
Dalla Repubblica dell’antica Roma agli oligarchi russi di oggi, è sempre stato così: un ristretto numero di individui spaventosamente ricchi domina l’economia e la politica del suo tempo. Come abbiano accumulato capitali così spropositati diventa irrilevante una volta che siano entrati nella ristretta cerchia di chi conta davvero. Dal banchiere dei papi Cosimo de’ Medici ai padroni delle ferriere della Rivoluzione industriale, l’origine di quelle favolose fortune viene presto dimenticata, mentre i super-ricchi forniscono fondi per la costruzione di chiese e istituzioni culturali, si inventano patroni delle arti e delle lettere e, ansiosi di essere accettati dall’establishment, si sforzano di ripulire la loro immagine con grandiosi gesti di filantropia, esibizioni di stile e opulenza, imprese che i comuni mortali possono solo sognare. Gli oggetti del desiderio e gli status symbol possono cambiare, ma le regole sono sempre le stesse: gli schiavi, le concubine, i forzieri pieni d’oro e i castelli inespugnabili hanno lasciato il posto ai jet privati, i super-yacht, le isole private e le squadre di calcio, ma il gioco rimane uguale – e la storia sembra dimostrare che questo 0,01% vince ogni volta sul restante 99,99%. Ma è destinato a essere sempre così?
L’ineguaglianza è il tema più caldo del dibattito attuale in economia, sociologia e politica. John Kampfner ha scritto la storia definitiva dello 0,01% più ricco della popolazione – dall’antica Roma ai giorni nostri.
Anthony Atkinson, Disuguaglianza, Cortina
La disuguaglianza è uno dei problemi più urgenti con cui ci confrontiamo oggi. Conosciamo la dimensione del problema, il discorso su un 99% contrapposto all’1% fa ormai parte del dibattito pubblico, ma poco si è discusso di che cosa si possa fare al riguardo, a parte disperare. Secondo l’illustre economista Anthony Atkinson, possiamo fare molto più di quanto immaginano gli scettici. Il punto non è semplicemente che i ricchi stanno diventando più ricchi, ma che non riusciamo a contrastare la povertà e che la rapida trasformazione dell’economia sta lasciando indietro la maggioranza delle persone. Se si vuole ridurre la disuguaglianza, non bastano le proposte di nuove tasse sui più abbienti per finanziare programmi già esistenti. Occorrono idee originali. Atkinson raccomanda politiche innovative in cinque campi: la tecnologia, l’occupazione, i sistemi di sicurezza sociale, la condivisione del capitale e la tassazione. E difende la validità di tali politiche a fronte degli usuali argomenti contrari e delle scuse addotte per l’inazione, ossia che un simile intervento farà contrarre l’economia, che la globalizzazione rende impossibile agire e che i costi per metterle in atto sono troppo alti. Più che un semplice programma per il cambiamento, questo libro è una voce di speranza e di consapevole ottimismo sulle possibilità dell’azione politica. Prefazione di Chiara Saraceno.
Mian Afif, Sufi Amir, La casa del debito, Saggiatore
La crisi scoppiata nel 2008 ha cancellato otto milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti, e più di quattro milioni di case sono state pignorate. È solo una coincidenza che negli anni precedenti gli Usa abbiano assistito a un vertiginoso indebitamento delle famiglie? Armati di una stupefacente mole di dati, Mian e Sufi mostrano che tanto la Grande recessione dei nostri giorni quanto la Grande depressione degli anni trenta sono state provocate da un aumento dei debiti delle famiglie, seguito da una significativa diminuzione delle spese per consumi. Così si formano, per poi esplodere drammaticamente, le bolle finanziarie, come esemplificano anche il boom e il successivo crollo del mercato immobiliare in Spagna e in Irlanda. Scoppiata la crisi, i governi statunitensi e la Federal Reserve hanno salvaguardato istituti finanziari e creditori, ma per riequilibrare il sistema avrebbero dovuto difendere i mutuatari in difficoltà, condonando almeno in parte i loro debiti. Il problema non è la “stretta creditizia”, il famigerato credit crunch: aumentare il flusso del credito è disastrosamente controproducente. Per evitare nuove bolle è necessario affrontare più direttamente il vero problema, cioè il debito, e interrompere il circolo vizioso delle perdite forzate a cui vanno incontro le famiglie indebitate: per esempio favorendo la diffusione dei contratti di mutuo a responsabilità condivisa.