Oggi parliamo con… Maurizio Ponticello

Da Gialloecucina

Abbiamo il piacere di chiacchierare con Maurizio Ponticello, prolifico scrittore partenopeo e Vicepresidente di Napolinoir. Ha pubblicato:
- Napoli, la città velata. Luoghi e simboli dei Misteri, degli dèi, dei miti, dei riti, delle feste (Controcorrente, 2007), definito dalla stampa “l’altra faccia di Gomorra”
- I Misteri di Piedigrotta. Dai culti segreti alla Festa: il Codice Dioniso, il simbolismo, Tradizione, Storia ed altre storie napoletane nel labirinto (Controcorrente, 2009)
- Misteri, segreti e storie insolite di Napoli (Newton Compton, 2012) con Agnese Palumbo
- La nona ora (Edizioni Bietti, 2013), un thriller a sfondo esoterico
- I Pilastri dell’anno. Il significato occulto del calendario (Edizioni Mediterranee/Arkeios, 2013)

Leggiamo cosa ci racconta nell’intervista rilasciata ad Alessandro Noseda

Buongiorno Maurizio e grazie per il tempo che ci dedichi.
Buongiorno a voi, e grazie per avermi contattato: a tavola o in cucina non si perde mai tempo.

Ci racconti chi sei e perché leggi e scrivi?
Ho lavorato come giornalista per tanti anni, non ero nemmeno diciottenne quando iniziai a scrivere articoli e a lavorare per una radio. Fin da allora sono un appassionato studioso di esoterismo e misteri, con il tempo ho focalizzato la mia attenzione su Napoli, autentica culla di arcani e simbolo per eccellenza di città saccheggiata della propria luce interiore, città che non ha nulla da invidiare alle cosiddette capitali misteriche come Praga, Londra, Torino… Poi, annoiato di leggere una serie infinita di amenità sull’argomento, nel 2007 ho pubblicato un libro fornendo una mia versione documentata dei “fatti”. È così che ho cominciato la mia nuova carriera di scrittore e, per farlo, ho dovuto prima di ogni altra cosa “imparare” a leggere, e con ciò voglio intendere che bisogna allenarsi a leggere tra le righe prima di esprimere una propria opinione che sia inattaccabile. Il successo del mio primo titolo ha stupito me per primo, e sull’onda mediatica delle classifiche ho continuato a proporre lavori e studi su Napoli fino al momento in cui ho sentito la necessità di ampliare i miei orizzonti di saggista, ho sconfinato e ho cominciato a dedicarmi con la stessa passione anche alla narrativa.

Perché hai accettato di accordare un’intervista a Giallo e Cucina? È un Blog che segui?
In genere non seguo Blog, ma dopo il vostro invito sono andato a curiosare tra le vostre pagine di Gialloecucina e le ho trovate particolarmente interessanti. Il binomio che proponete è un classico, e non soltanto perché il responsabile di un assassinio solitamente è un cuoco o il maggiordomo, oppure perché i cibi avvelenati nei romanzi gialli fanno ancora da padrone …

I tuoi romanzi, come nasce il progetto?
Per le mie storie in genere ho un doppio binario di ispirazione: la storia e la realtà che mi circonda, quella che scruto con i miei occhi. Ma fino a quando l’idea non arriva e inizia a dominarti i pensieri, si rischia un flop, un testo vulnerabile. A mio avviso esistono molti – anche troppi – scrittori di mestiere, sono quelli che scrivono “pulito” ma che non hanno mordente, pubblicano per contratto anche se a volte hanno poco o nulla da raccontare. Per quanto mi riguarda, quando mi arriva una ispirazione non mi molla più fino all’ultimo rigo, mi insegue e mi tortura anche nei sogni. Dall’istante in cui un’idea forza mi ha favorito, comincio a giocare con lei al gatto e al topo e spesso ci scambiamo le parti: io rincorro lei e lei incalza me. A quel punto inizia la fase di studio: mi piace argomentare, soffermarmi sui dettagli e non ingannare mai il lettore con bugie ingenue o maliziose. L’intelligenza dei lettori va onorata anche quando si scrive un romanzo fantasy o di fantascienza, figuriamoci un saggio, un noir o un thriller.

Dove scrivi? In studio, al parco, in terrazza…? carta e penna o direttamente al p.c.?
Di norma scrivo nel mio studio, direttamente al pc. Quando viaggio, però, porto sempre con me una penna e un blocco per gli appunti per segnare idee, battute, dialoghi che a volte mi arrivano nella mente anche nei momenti meno opportuni.

Preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo?
Dipende dalla musica e da ciò che sto scrivendo. Se la musica è random a volte può andare in contrasto con le mie riflessioni, e allora preferisco il silenzio. Altre volte, invece, capita che la musica abbia in qualche modo una corrispondenza con una scena del libro che stai raccontando, e così le vibrazioni delle note e quelle delle parole finiscono con il fondersi insieme. Preferibilmente, la musica di sottofondo non dovrebbe essere cantata, e comunque mai nella lingua in cui stai scrivendo.

Da dove trai ispirazione? Quanto rubi alla realtà e quanto è frutto di mera fantasia?
Spesso la realtà è apparentemente molto più irreale della stessa realtà, e supera ogni fantasia. Ho difficoltà a credere nella fantasia assoluta, c’è sempre un gancio con la vita vissuta o una proiezione, almeno nelle premesse.

Come delinei i personaggi? Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia?
Parto dalla storia che ho immaginato e delineo il loro carattere a seconda delle necessità, fino a quando i personaggi prendono vita e mi bisbigliano di se stessi.

Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nella stesura di un romanzo?
Avere i piedi per terra, sempre. Come dicevo, i lettori vanno rispettati e ogni episodio raccontato deve avere sempre una propria logica stringente.

E del rapporto con l’Editor cosa puoi dirci? Sei geloso dell’opera o accetti di buon grado suggerimenti e “intrusioni”?
Le intrusioni non sono mai piacevoli e, secondo me, un editor che entra a gamba tesa non è un bravo editor. Questa recente figura professionale è l’interfaccia ideale di uno scrittore per confrontarsi e sciogliere i nodi tecnici di un romanzo, sia di stesura che di trama. Se mancano la stima e il rispetto reciproci, però, si finisce con il darsi battaglia. I suggerimenti intelligenti e ben proposti sono sempre ben accetti. L’editor è come un coach, è un allenatore che svolge la tua stessa professione dall’altra parte della scrivania: per vincere bisogna fare squadra.

C’è un titolo a cui sei particolarmente affezionato o non hai figli prediletti?
I miei ultimi due, ma forse soltanto perché sono il frutto del mio parto più recente: il saggio “I pilastri dell’anno. Il significato occulto del calendario” pubblicato con le Edizioni Mediterranee/Arkeios, e il thriller “La nona ora” edito con Bietti.

Hai altri progetti in cantiere?
Sì, molti, e sebbene con affanno cerco di portarli avanti contemporaneamente. Per il momento ho terminato un nuovo noir e sto scrivendo un altro paio di libri, un nuovo saggio e un altro romanzo.

Descriviti come lettore? Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo?
Sono un lettore bulimico, divoro pagine su pagine, leggo, studio, analizzo, confronto… Compro molta saggistica, spesso a seconda dell’argomento che sto trattando. Per la narrativa è diverso, avendo letto quasi tutti i classici, ora riservo il mio tempo ad autori davvero speciali, a penne super dalle quali si può soltanto imparare.

Un consiglio ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?
Di non cedere alle lusinghe dell’editoria a pagamento, un’ulcera che genera soltanto confusione di ruoli e che fa leva sul narcisismo di tanti aspiranti autori. Un esordiente deve avere pazienza e, se ha talento, dovrebbe cercare di non svendersi mai. Attendere, quindi, e non farsi corrompere dai complimenti elargiti con affetto e – frequentemente – faciloneria da parenti e amici. Piuttosto, molto meglio chiedere a un editor di leggere il proprio lavoro prima di mandarlo alle case editrici.

Ti piace presentare i tuoi libri al pubblico? Una domanda che non ti hanno mai fatto (e a cui avresti voluto rispondere) ed una che t’ha messo in difficoltà?
Amo dialogare con i miei lettori, sono sempre stimolanti! Nessuno mi ha mai chiesto il “perché” di certe storie che racconto, mentre il mio incubo è che qualcuno dal pubblico si alzi e dica, per esempio: “Lei, a pagina 433, alla nota 788 cita ‘questo’ e ‘quello’, e fa riferimento a…. Mi può fornire ulteriori dettagli?”. Ecco, questo è il mio brutto sogno che anticipa ogni presentazione di un saggio.

Un autore (o più) che costituisce per te un benchmark. E perché? Fagli una domanda (anche indiscreta) da tempo hai “in canna”! quale suo libro consiglieresti ai nostri lettori?
Chiamerei in causa Mircea Eliade per la saggistica di cui mi occupo, e Michael Crichton per la narrativa. Sono due punti di riferimento, due modelli a cui inchinarsi senza fare troppe domande, anche perché nessuno dei due è più vivente. Per quanto riguarda Eliade, suggerisco “Sacro e profano”, un libro fondamentale per affrontare la spinosa questione degli archetipi e della storia delle religioni comparate; di Crichton il mio preferito è “Congo”: un thriller straordinario mortificato da una resa cinematografica molto lontana dalle caratteristiche della sua penna.

Oltre alla scrittura e alla lettura, come ami impegnare il tuo tempo?
Passeggio, viaggio e osservo “pietre” e uomini: ambedue nascondo storie affascinanti da scoprire e da esplorare.

Come consuetudine di Giallo e Cucina, ti chiediamo di chiudere con una ricetta ed una citazione!
Se non rischiassi di essere accusato di istigazione all’omicidio, suggerirei un piatto avvelenato, oppure un tè alla Miss Marple o un sorso di Borgogna del Commissario Maigret. Preferisco proporre la celebre mousse al cioccolato di Agata Christie, una ricetta nobile, una d’autore ma facile per tutti. Gli ingredienti sono: albumi e tuorli d’uovo, cioccolato fondente grattugiato, zucchero e panna montata. Bisogna sciogliere il cioccolato amaro a scaglie a bagnomaria, successivamente vanno aggiunti uno alla volta i tuorli d’uovo e si mescola il tutto. Una volta ottenuta una crema omogenea, si aggiungono gli albumi montati a neve. Poi, si mette in frigorifero per quattro o cinque ore, si serve con panna montata senza zucchero e… si mangia leccandosi i baffi. Per le dosi? Ah! Le dosi… Uhm! Fate a vostro buon cuore! Per la citazione, ne ho scelto una di Brillat Savarin, un homme d’esprit, come lo definì Balzac. È un aforisma tratto da “Fisiologia del gusto”: “Gli animali si nutrono, l’uomo mangia, e solo l’uomo intelligente sa mangiare”. E ora, buon appetito a tutti!



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