Ogni favola è un gioco

Da Fiaba

Mercoledì 05 Dicembre 2012 11:52 Scritto da evak30

Ogni favola incomincia con un c’era una volta... questa inizia con un omino, tra tanti omini, in una città senza tempo, senza un dove ma sempre grigia.

Gli omini erano tutti uguali, tutti vestiti di uno stesso colore.

Stesso abito grigio, stesse scarpe, stesso cappello.

Uscivano tutti insieme la mattina, anche se tutti vivevano in case diverse, in quartieri diversi. Tutti in punto alle 7,30 chiudevano l’uscio di casa. Aprivano l’ombrello contemporaneamente, tanto pioveva sempre, e se non pioveva c’era la nebbia. Insieme salivano sul tram per andare a lavorare. Il cancello, l’edificio grande e grigio... quello era il lavoro... quella era la fabbrica.

Come era triste quella città... sempre grigia, mai un bimbo che giocasse, mai un sorriso... forse la cosa più bella che potesse capitare era la nebbia... era l’unico modo per non vederli tutti insieme e tutti uguali... si sentivano solo i passi... tac... tac... tac... In quella città triste si pensava solo al lavoro... ognuno incatenato al proprio lavoro... ognuno come  pezzo di ricambio di una stessa automobile, ognuno era apatico... ognuno non esisteva... E chissà da quanto tempo esisteva quella città...

Cosa poteva succedere per cambiare tutti quei puntini uguali, tutte quelle facce tristi... e già... ecco cosa c’era che non andava., erano tutti tristi... tanto tristi che non si guardavano neppure in faccia... nessuno sapeva che era uguale al suo vicino di casa, che era a sua volta uguale a quello più distante... che era uguale... uguale, tutti uguali ma non lo sapevano, nessuno aveva uno specchio in cui riflettere la propria immagine...

Un giorno, come tanti, un omino chiude la porta di casa alle 7,29...

un minuto prima degli altri. Si dirige verso la fermata del tram e non sente tac tac tac tac. le altre scarpe... allora è costretto a guardarsi intorno...

è costretto ad alzare gli occhi da terra... e vede che c’è una grossa forma marrone... circolare... cos’è? Ah... si ricorda che qualcuno pronunciò la parola albero... tanto tanto tempo prima... albero... sotto all’albero c’era la terra... e vicino alla terra c’è la strada, il marciapiede... e cos’è quella cosa che trema? È acqua... e sì... acqua di pioggia... e ristagna lì...tremante per il venticello... e guarda., anche una foglia.... che corre via...che vola poi... all’omino sembrava di non conoscere quel posto eppure ogni mattina da sempre stava lì ad aspettare il tram... e cos’è quel puntino grigio in movimento... si sta avvicinando sempre di più... ma non è grigio... è azzurro... ha un colore... è il tram di ogni mattina... e ha un colore... oh guarda! Ora non è più solo...

c’è qualcuno attorno a lui...uno... due... tre... cinque... dieci... tanti... tanti ma chi sono? Sono tutti vestiti di grigio... sembrano tutti uguali... l’omino si dirige verso la pozzanghera d’acqua e guarda dentro...

vede uno dei tanti... inclina la testa a destra e lo fa anche quello nella pozzan ghera... inclina la testa a sinistra e anche quello nella pozzanghera fa lo stesso... ma chi é? si abbassa... guarda bene... c’è una faccia lì riflessa... ci sono due occhi curiosi che lo guardano... allunga la mano...

le dita stanno per toccare le dita dell’altro... che atroce verità! È lui stesso! È lui... riflesso... e per la prima volta si guarda in faccia...

si osserva... e vede i baffi., lui ha i baffi? Neanche se li ricordava.

I capelli neri neri sono al cappello grigio... gli occhietti vivi, aperti... ma perché non li riconosce? Perché non si era mai visto prima? Perché non aveva mai visto le sue mani? La giacca grigia? L’albero vicino alla pozzanghera?...

Perché il tram non é grigio?... ma é colorato?... Ora quel tram é fermo sta aprendo le porte per far salire gli omini, tutti in fila l’uno dietro l’altro... tutti uguali... tutti senza sorriso... con gli occhi abbassati giù... ma cosa guardano quegli occhi? La strada? Il marciapiede? No... se avessero guardato dove camminavano avrebbero visto la pozzanghera... e magari il proprio viso... e così l’omino con gli occhi aperti si avvicina ad uno di loro... si inclina, vorrebbe guardargli il volto, vorrebbe guardargli gli occhi... e deve inclinarsi parecchio perché l’omino ha il viso in giù... e finalmente ci riesce... oh guarda! Meno male! Non gli somiglia poi tanto, non somiglia tanto all’immagine della pozzanghera.

Fa un passo indetro e si avvicina all’omino che segue il primo.

Si inclina per guardarlo in faccia, si inclina tanto e meno male... neanche lui é uguale...anzi veramente non assomiglia neanche al primo... e così si dirige verso il terzo... poi il quarto., poi ancora il quinto... e così tutti... e con gioia vede che nessuno in realtà si somiglia realmente. Ognuno ha un partico lare... qualcuno ha un neo sulla guancia sinistra, qualcun’altro lo ha sul mento, un altro ha i baffi grigi; un’altro ha il naso storto, e un’altro ancora ha le orec chie molto grandi, quell’altro che lo segue piccole... é bellissimo tutto questo!!! Non sono uguali!!! Ognuno é se stesso... e perché allora non si guardano? Perché? E c’è ancora qualcosa che non va... manca il suono mancano le parole... l’omino... va verso la pozzanghera... apre la bocca... e ... ed emette una piccola parola...piccola...«Io.... ... Una parola, un suono piccolo e corto... ma é stato sentito dagli altri omini... il tram non carica più nessuno... sembra che anche quella macchina azzurra abbia sentito quel labile io... era un suono?

E come d’improvviso gli omini ... piano piano alzano la testa... alzano lo sguardo... l’io é stato più forte di uno schiaffo all’improvviso... il primo della lunga fila... volta lo sguardo verso la pozzanghera, lì dove veniva quel suono... e vede qualcuno vestito di grigio, qualcuno che non  é in piedi., ma inginocchiato... perché? e chi é?...

Gli vien voglia di avvicinarsi... ma il tram?...Può non salire? Può rompere la catena? Può rompere quell’incantesimo di sempre? Può tagliare i fili che lo muovono come una marionetta? Se quell’omino vicino alla pozzanchera sta lì... e non sul tram., perché non può farlo anche lui? Cosa lo spingeva a salire sul tram? Il lavoro? ... Ma quale lavoro? ...

Dopo il lavoro cosa veniva? E prima? ... Se faceva un passo verso la pozzanghera rompeva la catena., se saliva ... la catena continuava...e l’incantesimo grigio e il nulla sarebbero andati avanti... E l’omino... il primo della fila decide, per la prima volta decide, per la prima volta osserva... la terra, la strada, il marciapiede... e cos’è quella cosa che trema? È acqua... e sì... acqua di pioggia... e ristagna lì... tremante per il venticello... poi c’è l’omino riflesso nella pozzanghera... si avvicina e ora sono due omini riflessi... l’uno sorride, l’altro guarda ancora incuriosito... come a chiedersi se tutto quello fosse vero... e mentre i due omini si guardano., ne vedono un’altro riflesso... il terzo che s’è svegliato dal lungo sonno... e lui i baffi non li ha... e chi è quell’altro che ha un neo giusto al centro del naso?

Il quarto... e ancora un’altro... che ha i capelli grigi., e si avvicina il quinto... e ora la pozzanghera non basta più per riflettere cinque... sei... sette... undici... venti e tanti altri... non basta più., eppure ognuno é curioso di sapere com’è fatto... se ha i baffi., se non li ha... se i capelli sono neri... grigi o bianchi... e ora sono tutti lì..e guardarsi e a sorridere... in una giornata senza pioggia., senza nebbia...in una giornata in cui il sole sta nascendo... capace di far nascere un sorriso in ogni omino...l’uno diverso dall’altro... e da un sorriso nasce un ciao... e da un ciao,

nasce «Tu chi sei?»... e così gli occhi si aprono... si guardano attorno... si vedono le case grige... spente... perché? Perché non dipingerle di rosa, giallo, arancione, blu? Perché non far nascere un colore? Perché non far nascere un sorriso, una gioia, un suono, una musica... perché tutti quanti si erano addormentati?...

Forse incatenati dal lavoro...da produrre solo oggetti e soldi... e rischiare di perdere se stessi... Forse... ma non importa ora... se qualcuno, se un IO era riuscito a risvegliarli... ora la vita deve vivere... la prima cosa é guardarsi, fuori e dentro. E tutti di corsa a casa a spalan care le soffitte, a spolverare qualcosa che da anni era stato dimenticato... ognuno a specchiarsi, e a ridere di quell’abito grigio che si indossa... tanto spento... via l’abito, via il cappello, via quello sguardo triste... che bello vedere se stessi... sorridere, farsi le smorfie da soli... che bello esistere.

Mai più in quella città il grigio, mai più la pioggia, mai più la tristezza.

Mai più cercare di rendersi simili l’uno all’altro, mai più perdere il proprio io.

Mai più passare davanti allo specchio dell’anima e far finta di niente.