La premiata ditta Ciarrapico-Torre-Vendruscolo, dopo l’esordio al cinema con la “trasposizione” per il grande schermo del loro grande successo tv, Boris, si cimenta con uno dei grandi classici (e scogli) del cinema nostrano: il film di Natale, meglio noto col dispregiativo di cine-panettone.
Lui, Massimo (Alessandro Cattelan), e lei (Giulia), si innamorano a prima vista. Lui conosce la famiglia di lei, e viceversa. Fin qui nulla di strano. Il problema è il “quando”, ovvero il giorno di Natale. La famiglia di lei, i Colardo, sono dei grezzoni che vivono tra i lupi, temono la “bestia” (il computer), bevono grappe “stupefacenti” e cacciano il cinghiale nel bosco la sera del 24 dicembre. La famiglia di lui, i Marinelli Lops, è una delle cinque famiglie più ricche d’Italia, magnate del mercato dei prodotti dolciari per la festività più attesa dell’anno. Due universi paralleli, due mondi inconciliabili. Riusciranno i nostri eroi, Massimo e Giulia, a rimanere uniti anche nel giorno più spaventoso dell’anno, vale a dire il Natale?
L’idea dei creatori di Boris è originale, poiché non è la solita pacchianata comico-sentimentale-fedifraga dei fratelli Vanzina o di Neri Parenti, o l’ennesima performance stantia di Pieraccioni o del trio milanese Aldo, Giovanni e Giacomo. L’idea è forte anche perché ad impersonare i componenti delle due famiglie è lo stesso manipolo di attori. L’idea però riesce a metà, perché il film funziona a metà. La seconda metà.
Infatti è la prima, quella in casa Colardo, ad arrancare. Pur divertendo, è meno stabile, meno convinta, anche meno credibile. In questa prima parte sparisce del tutto la vena sarcastica che abbiamo imparato ad amare in Boris. Una vena dissacrante che torna (per fortuna!) nella seconda parte, anche grazie ad un approfondimento psicologico dei Marinelli Lops che non rimangono al vacuo livello di macchiette come i Colardo.
Ciarrapico-Torre-Vendruscolo elaborano una fauna di personaggi che ricordano i mostri della commedia all’italiana, ma di questa non riescono a conservare nè riproporre quelle stoccate amare che sapevano andare oltre una fragorosa risata. Insomma, la satira e il sarcasmo fanno capolino solo nella seconda parte, quella in cui tutta la truppa di attori brilla come un albero natalizio. Dominatore su tutti è Corrado Guzzanti nei panni di un iper-sorridente e dentone maggiordomo filippino che rimane fortemente impresso anche nello spettatore più sbadato. Al suo fianco tutti bravi, ma merita una menzione speciale Marco Giallini, davvero uno dei maggiori caratteristi del cinema italiano di questi ultimi anni. Che dire di Cattelan? Si arrangia, annaspa, ma si salva. Non è un attore, e si vede, quindi anche sfigura in mezzo a mestieranti esperti. Non poco lo aiuta anche la genuinità a trentadue denti di Alessandra Mastronardi.
Insomma, Ogni maledetto Natale è senza dubbio un buon menù, da gustare con voracità, anche se un po’ sbilanciato: poveri in quantità e sapore l’antipasto e il primo, più abbondanti e succulenti il secondo e il dolce.
Vota il post